Tebori

Non sono mai stata una grande appassionata di tatuaggi, li ho sempre ammirati sui corpi degli altri, delle vere opere d’arte da artisti anonimi.

Ma la domanda che mi è sorta spontanea è: qual’è l’inizio di questa fantastica arte?

In Giappone, come vedremo, ha avuto una crescita diversa dal resto del mondo.

La prima apparizione dei tatuaggi in occidente viene fatta coincidere generalmente con la figura del Capitano James Cook, che, nel 1744, di ritorno dal suo viaggio nell’Oceano Pacifico, portò con sé un indigeno il cui corpo era completamente ricoperto di tatuaggi.

La sua vista generò le reazioni più disparate nella popolazione presente al suo arrivo.

Di li a poco però, molti iniziarono a farsi tatuare, chi per semplice spirito di emulazione, chi per sincera ammirazione di quei motivi così affascinanti impressi sulla pelle, dando il via a quella che oggi è una vera e propria moda.

Come ebbe inizio invece, e come si sviluppò l’arte del tatuaggio, in Oriente, e sopratutto in Giappone?

La prima testimonianza scritta sui tatuaggi giapponesi è una cronaca cinese del 300 d.C. che riporta l’uso del tatuaggio presso gli indigeni giapponesi, mentre bisogna attendere l’800 d.C. per ritrovare reperti scritti di origine giapponese: vi si legge che in Giappone il tatuaggio veniva utilizzato a scopo punitivo, marchiando con il termine “cane” la fronte di coloro i quali si macchiavano di reati, e con righe e croci sulle braccia i colpevoli appartenenti alle caste minori.

Solo molto più tardi si inizia a parlare di tatuaggi giapponesi con finalità decorative, per imprimere preghiere buddhiste o pegni d’amore.

La tecnica peculiare dei tatuaggi giapponesi si chiama Tebori, che significa approssimativamente “scolpire a mano”.

In effetti questi disegni danno una forte sensazione di tridimensionalità. È molto diversa dalle tecniche occidentali: tanto per cominciare, questi tatuaggi vengono eseguiti a mano, non con macchine automatiche.

Ecco perché non è facile trovare in Italia un tatuatore in grado di eseguirli, malgrado ci sia qualche fortunato che nella propria carriera ha avuto la fortuna (o meglio l’immenso onore) di conoscere ed affiancare esperti maestri tatuatori giapponesi, imparando da loro i segreti del Tebori.

La tecnica Tebori si esegue con una cannuccia di bambù (oggi si usano anche materiali sterilizzabili) alla cui estremità sono fissati degli aghi.

Il maestro tatuatore esegue dei movimenti ritmici con i quali penetra la pelle con questi aghi.

Il procedimento è più doloroso e richiede un tempo maggiore di guarigione, ma alla fine si possiede un vero pezzo d’arte sulla propria pelle.

A discapito della sua storia millenaria però, al giorno d’oggi i tatuaggi sono tutt’altro che ben visti nella società giapponese.

In posti come piscine pubbliche e palestre, ma soprattutto nei bagni termali, è estremamente comune trovare cartelli di divieto d’accesso indirizzati alle persone tatuate.

Non importa se il tatuaggio è piccolo e si vede a malapena, il marchio inciso sul corpo impedirà comunque l’accesso ad una lunga serie di luoghi.

Ma quali sono le ragioni della messa al bando dei tatuaggi?

Presumibilmente l’associazione che ancora viene fatta del tatuaggio con la Yakuza, o semplicemente con le sue radici storiche di marchio dei criminali, eppure ancora oggi sfoggiare un tatuaggio in Giappone, nonostante proprio il paese del Sol Levate sia riconosciuto come quello la cui arte nel tatuare non conosce eguali, può rappresentare un problema di difficile superamento.

Nonostante questo, tuttavia, esiste un momento della vita sociale in Giappone in cui non solo il tatuaggio viene accettato in pubblico, ma viene quasi celebrato.

È la ricorrenza shintoista chiamata Sanja Festival, che si tiene a Tokyo durante il terzo weekend di maggio, nata per onorare i tre pescatori che eressero il tempio Sensoji dopo aver pescato nel fiume una statua dorata del Buddha. Grandi cortei accompagnano per le strade festanti il passaggio dei tre divini altari: le statue, del peso di circa una tonnellata ciascuna, vengono agitate e scosse per intensificarne il potere propiziatorio e trasmettere alla comunità energia e forza.

I cortei sono un fiume di costumi sfarzosi, tra danzatrici alate, geishe e uomini tatuati in fundoshi (perizoma tradizionale giapponese), e rappresentano l’unico momento in cui i tatuaggi possono essere mostrati in pubblico.

I tatuaggi tebori sono vere e proprie opere d’arte, composte da vari livelli e disegni che servono a comporre il design finale. Se sei quindi interessato a regalarti un tatuaggio tradizionale tebori, devi sapere che ci sono termini con cui l’artista chiama i diversi elementi o design della tradizione, tra cui:

• Bokashi: è una sfumatura nera gradiente che viene spesso utilizzata per le nuvole o delle scie decorative
• Kakushi-bori: è un termine che serve a descrivere i disegni vicino all’ascella o in punti nascosti del corpo. Si riferisce anche a parole o numeri nascosti tra i petali dei fiori
• Kebori: è la parola che si usa per le linee molto sottili, utilizzate ad esempio per disegnare i capelli
• Keshow-bori: immagini secondarie a supporto del disegno principale
• Nijuw-bori: quando un artista deve tatuare un personaggio della tradizione tebori che è a sua volta tatuato, i tatuaggi del personaggio devono essere riportati fedelmente dall’artista sul corpo del cliente
• Nuki-bori: un disegno principale senza disegni secondari (Keshow-bori)
• Suji-bori: è l’outline, vale a dire i bordi o contorni del disegno

Tra le figure mitologiche e non che vengono scelte più spesso per i tatuaggi tradizionali giapponesi ci sono i draghi, i qilin (una specie di drago cinese), le karpe koi, tigri, serpenti, fiori di loto e peonie, crisantemi, rami di bamboo, Buddha, nuvole e onde.


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