Diecimila Piume Nere
Il ritorno dell’orrore psicologico e dell’amicizia tradita
Con Diecimila piume nere, Jeff Lemire e Andrea Sorrentino proseguono la loro collaborazione nel ciclo The Bone Orchard Mythos, esplorando un horror intimo e atmosferico. Il fumetto si distacca dall’horror splatter o soprannaturale più diretto, scegliendo invece la via del perturbante e del simbolico. L’opera è una riflessione cupa sul dolore, il senso di colpa e l’innocenza perduta, ambientata in un mondo a metà tra la realtà e il delirio. Lemire costruisce personaggi credibili e complessi, mentre Sorrentino li avvolge in un’estetica oscura e straniante.
Stile visivo e costruzione dell’atmosfera
L’aspetto visivo è uno degli elementi più potenti del volume. Lo stile di Sorrentino si sposa perfettamente con la narrazione ellittica e malinconica di Lemire. L’uso del bianco e nero, i contrasti netti, i giochi di simmetria e la composizione delle tavole richiamano sogni (o incubi) che si dissolvono lentamente. Le piume nere, ricorrenti in ogni capitolo, diventano non solo un elemento visivo ossessivo, ma un vero simbolo del trauma e del ricordo. L’effetto finale è quello di una narrazione onirica, che costringe il lettore a confrontarsi con la propria interpretazione della realtà.
Temi centrali: trauma, amicizia, crescita
Il cuore della storia ruota attorno a Trish e Jackie, due adolescenti unite dalla passione per i giochi di ruolo e la letteratura fantasy. Ma ciò che sembra un classico racconto coming-of-age si trasforma presto in un’analisi profonda del dolore e del lutto. Trish, ormai adulta, torna nella cittadina dove è cresciuta per affrontare un passato che l’ha segnata. Le “diecimila piume nere” non sono solo creature o presenze, ma metafore del peso che ci portiamo dentro. Lemire riesce a far convivere la mitologia inventata delle due ragazze con la realtà concreta della perdita e dell’autoinganno.
Spoiler: Una realtà spezzata dal rimorso
Nel corso del racconto, si scopre che Jackie è scomparsa dieci anni prima, apparentemente inghiottita da quel mondo immaginario che avevano creato da bambine. Trish si sente colpevole, ma solo alla fine viene rivelato che l’universo mitologico delle piume nere potrebbe essere reale. Trish si inoltra in un regno oscuro dove il confine tra immaginazione e realtà svanisce. Lì, affronta non solo i suoi demoni interiori ma anche una versione corrotta della Jackie del passato. Il finale, volutamente ambiguo, non risponde del tutto alla domanda se ciò che ha vissuto sia vero o solo una forma di elaborazione del lutto. Ma è proprio in quell’incertezza che l’opera trova la sua forza.
Una narrazione lenta ma affascinante
Va detto che la narrazione non è per tutti: Diecimila piume nere richiede attenzione, tempo e disponibilità a leggere tra le righe. I dialoghi sono ridotti al minimo e spesso le sequenze visive parlano più delle parole. Alcuni lettori potrebbero trovarlo dispersivo o criptico, ma è proprio questa la cifra stilistica dell’opera. La lentezza non è un difetto, ma una precisa scelta autoriale per immergere il lettore nel disagio e nell’angoscia latente.
Conclusione: una fiaba oscura per lettori esigenti
In definitiva, Diecimila piume nere è un esempio eccellente di horror psicologico contemporaneo, che si allontana dalle convenzioni per esplorare un dolore profondo e radicato. È un viaggio nel subconscio, nel rimpianto e nella responsabilità, confezionato da due autori ormai maestri del fumetto moderno. Chi cerca jump-scare o mostri tangibili potrebbe rimanere deluso, ma chi è disposto a farsi inghiottire da un’atmosfera densa e allucinata troverà in questo libro un’esperienza intensa e memorabile.
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