“Siamo qui per farci male” : l’orrore che graffia l’anima
Non è un libro da leggere.
È un rituale da attraversare. Un’esperienza che ti scortica, ti risucchia e ti risputa fuori cambiato. Siamo qui per farci male, la raccolta di racconti di Paula D. Ashe, è quanto di più estremo, lirico e disturbante l’horror contemporaneo abbia prodotto negli ultimi anni.
Questa non è una lettura.
È un avvertimento.
Il dolore come lingua madre
Ashe non scrive storie: incide ferite. I suoi racconti sono preghiere sussurrate tra spasmi e deliri, affreschi contorti di carne e trauma, visioni che profumano di sangue e incenso bruciato. La sua scrittura è feroce, lirica, splendidamente barocca. Ogni parola è cesellata come una lama. Ogni frase è un colpo che affonda.
Il dolore – fisico, mentale, spirituale – non è solo un tema. È il motore stesso di questo libro. Qui il male non viene solo subito: viene venerato, desiderato, offerto come sacrificio. È religione, rito, identità. Ashe ci costringe a guardarlo in faccia. E a riconoscerlo.
Dodici racconti, dodici discese
Dentro questo libro ci sono dodici racconti. Ma non aspettarti una sequenza ordinata. Ogni storia è una fenditura, un’apertura attraverso cui l’orrore si insinua. Non c’è conforto, non c’è redenzione. C’è solo la bellezza inquietante del collasso.
Tra i più memorabili:
La casa delle carcasse: un racconto che sembra provenire direttamente dagli archivi segreti di Clive Barker. Visionario, sacrilego, indelebile.
Litania d’aghi: un’invocazione. Un viaggio mistico nel culto del dolore, tra estasi e annientamento.
Madre di tutti i mostri: una riflessione spietata su maternità, corpo e sopravvivenza. Terrificante perché profondamente umano.
Telesignature da un cadavere futuro: tra horror e fantascienza, il racconto che chiude la raccolta è una detonazione finale, un canto funebre per il futuro della carne.
Ogni storia è diversa per tono e ambientazione, ma tutte condividono lo stesso cuore pulsante: un culto ossessivo della verità nascosta dietro l’orrore.
Non un horror qualsiasi
Chi cerca un horror “di intrattenimento”, può anche fermarsi qui. Questo libro non è pensato per chi vuole dormire tranquillo. Paula D. Ashe non gioca con la paura. La viviseziona. La smonta. La rende corpo, sangue, parola.
L’autrice non ha paura di spingersi oltre. Oltre il consentito, oltre il rappresentabile. Necrofilia, mutilazione, culti del dolore, violenza rituale, infanzia tradita: tutto è messo in scena senza pudore, ma con estrema lucidità. Ogni orrore è carico di senso. Non c’è mai pornografia del male, ma sempre un’urgenza narrativa. Un bisogno disperato di raccontare ciò che altri non osano nemmeno nominare.
Perché leggerlo
Perché pochi libri ti mettono così a nudo.
Perché ti obbliga a guardare in fondo all’abisso — e l’abisso, qui, guarda davvero dentro di te.
Perché ogni racconto è un atto di resistenza alla banalità dell’orrore da supermercato.
Perché se ami davvero l’horror, non puoi ignorare questa voce.
Perché Siamo qui per farci male non si dimentica. Ti accompagna. Ti ossessiona.
A chi è destinato
A chi non cerca consolazione nella lettura, ma trasformazione.
A chi vuole sentirsi a disagio — e capire perché.
A chi non teme di sporcarsi l’anima per trovare qualcosa di vero nel fango.
A chi sa che il male, a volte, è solo un altro modo di parlare d’amore.
Conclusione
Paula D. Ashe non ti chiede di leggere il suo libro.
Ti sfida a sopravvivere ad esso.
E se accetti la sfida, se ti immergi fino in fondo, uscirai cambiato. Forse spezzato.
Ma sicuramente più lucido. Più consapevole.
E, paradossalmente, più vivo.
Siamo qui per farci male non è per tutti.
È per chi è pronto.
Iscriviti al nostro canale YouTube