Event Horizon

Event Horizon

Event Horizon (1997), diretto da Paul W.S. Anderson

È un film che mescola la fantascienza cupa con l’horror più disturbante, creando un’esperienza visiva e psicologica che ha guadagnato nel tempo lo status di cult. Ambientato nel 2047, il film segue un equipaggio incaricato di recuperare una nave scomparsa, la Event Horizon, che improvvisamente riappare al largo di Nettuno dopo sette anni di silenzio. Il concept centrale – una nave che ha attraversato letteralmente un’altra dimensione – è affascinante e terrificante, evocando un immaginario dove la scienza spinge i limiti della percezione e finisce per invadere territori spirituali e infernali.

Dal punto di vista estetico e scenografico

Event Horizon è visivamente potente. Gli interni della nave abbandonata ricordano più una cattedrale gotica che un veicolo spaziale, con tubature arrugginite, passaggi angusti e una costante sensazione di decadenza industriale. La fotografia è dominata da toni scuri, verde acido e luci stroboscopiche, contribuendo a un’atmosfera opprimente e viscerale. L’influenza dell’horror europeo e giapponese si fa sentire, così come quella di classici come Alien e Hellraiser, ma il film riesce comunque a mantenere una sua identità disturbante e fortemente simbolica.

Il cast è solido

Con Laurence Fishburne nel ruolo del capitano Miller e Sam Neill in quello del dottor Weir, progettista della nave. Fishburne interpreta un comandante pragmatico, duro e razionale, mentre Neill scivola progressivamente nella follia, dando vita a una performance inquietante che diventa il cuore del film. La tensione tra questi due poli – l’ordine razionale e il caos cosmico – è il motore della narrazione, ma è l’atmosfera di paranoia crescente e la sensazione che qualcosa di “altro” sia presente nella nave a rendere Event Horizon un’esperienza memorabile.

Uno degli aspetti più intriganti del film

È la sua riflessione sul dolore, sulla colpa e sulla punizione. La nave non è soltanto un luogo fisico, ma un catalizzatore di allucinazioni e traumi personali. Ogni membro dell’equipaggio è costretto a confrontarsi con il proprio passato, in un crescendo di disperazione. L’horror, in Event Horizon, non è solo visivo – pur non lesinando su immagini splatter e suggestioni demoniache – ma profondamente psicologico. È un horror dell’anima, che fa leva su ciò che non si può vedere, ma solo sentire.

Spoiler:

Quando si scopre che la Event Horizon non ha semplicemente viaggiato attraverso lo spazio, ma ha attraversato una dimensione infernale – forse letteralmente l’inferno – il film compie un balzo metafisico. L’iperspazio diventa un portale per un luogo di dolore eterno, e il dottor Weir ne viene completamente assorbito. La nave è diventata cosciente, assetata di nuove vittime, e alla fine accoglie Weir come un suo profeta. Il climax è tanto visivo quanto simbolico: corpi smembrati, allucinazioni disturbanti e un finale ambiguo in cui la salvezza sembra sempre parziale, se non illusoria.

Event Horizon non è privo di difetti

Il montaggio è a tratti affrettato (complice una lunga versione tagliata dallo studio), alcuni personaggi sono poco sviluppati e certe sequenze sono più rumorose che realmente spaventose. Tuttavia, il film possiede una visione potente, disturbante, unica. È uno di quei rari esempi di horror sci-fi capace di scavare nella psiche più che nel gore, lasciando lo spettatore con una sensazione di disagio duraturo. E proprio in questa capacità di insinuarsi sotto pelle sta la sua forza.


Iscriviti al nostro canale YouTube

Articoli simili

  • Skinamarink – Il Risveglio del Male

    Skinamarink, opera prima del regista canadese Kyle Edward Ball, è un film horror sperimentale e divisivo, diventato un fenomeno virale dopo la sua uscita nel 2022. Minimalista, inquietante e profondamente atmosferico, il film si allontana dai codici narrativi tradizionali per offrire un’esperienza visiva e sensoriale che ricorda un incubo vissuto da bambini: confuso, senza tempo, senza via d’uscita.

  •  | 

    Lore – Antologia dell’ Orrore

    Nel panorama delle serie horror, Lore – Antologia dell’orrore si distingue per un approccio unico e affascinante: portare in scena le radici reali delle leggende, dei mostri e delle superstizioni che hanno plasmato la cultura del terrore nel mondo. Ispirata all’omonimo podcast creato da Aaron Mahnke, la serie prodotta da Amazon Prime Video ha debuttato nel 2017 e si è sviluppata in due stagioni, combinando documentario, ricostruzione storica e narrazione gotica.

  • Due Occhi Diabolici

    Due occhi diabolici (Two Evil Eyes), uscito nel 1990, è un film antologico nato dalla collaborazione tra due maestri del cinema horror: Dario Argento e George A. Romero. Ispirato ai racconti di Edgar Allan Poe, il film si compone di due episodi distinti, ciascuno diretto da uno dei registi, che reinterpretano in chiave moderna le opere dell’autore gotico.

  • Zeder

    Zeder è un film horror italiano diretto da Pupi Avati nel 1983, e rappresenta uno degli esempi più originali e inquietanti del genere in Italia. Lontano dagli eccessi dello splatter, il film punta su atmosfere oscure, suggestioni metafisiche e un lento crescendo di tensione psicologica. È un’opera enigmatica e affascinante, capace di mescolare il thriller investigativo con la riflessione sulla morte e sul ritorno alla vita.

  • Manicomio

    Ambientato nella Londra del 1761, il film prende spunto dal famigerato ospedale psichiatrico di Bedlam, tristemente noto per le sue crudeltà e disumanità nei confronti dei pazienti mentali. Il perfido Maestro Sims (Boris Karloff) è il direttore della struttura, un uomo raffinato ma sadico, che trasforma il manicomio in un’attrazione per i ricchi curiosi dell’alta società.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *