Green Wake
Green Wake, scritto da Kurtis J. Wiebe
E illustrato da Riley Rossmo, è un fumetto horror pubblicato da Image Comics tra il 2011 e il 2012. Si tratta di una serie relativamente breve, appena dieci numeri, ma capace di costruire un mondo fortemente evocativo, sospeso tra realtà e incubo. Fin dalle prime pagine, il lettore viene catapultato in una cittadina oscura e fangosa, un limbo urbano in cui le persone arrivano misteriosamente e raramente riescono ad andarsene. L’atmosfera è pesante, carica di pioggia, ruggine e segreti sussurrati tra vicoli desolati. È un fumetto che non punta solo alla paura viscerale, ma anche a quella più sottile e disturbante: la paura di essere dimenticati e intrappolati nei propri peccati.
Uno degli elementi più riusciti dell’opera
È la costruzione dell’ambientazione. Green Wake non è solo uno sfondo: è un personaggio vero e proprio, con regole e ritmi che non vengono mai spiegati del tutto. La cittadina sembra esistere in una dimensione parallela, popolata da persone che non ricordano bene come siano arrivate. Le strade sono deserte, coperte di fango, con edifici fatiscenti che suggeriscono un passato perduto. Questa indeterminatezza alimenta un senso costante di spaesamento e angoscia, creando una dimensione simile a un incubo lucido. La pioggia incessante, i volti deformati di alcuni abitanti e la lentezza con cui tutto si muove rendono la lettura un’esperienza quasi claustrofobica.
I protagonisti principali sono Morley Mack
Un uomo tormentato, e Krieg, il suo compagno d’indagini. Morley è un detective riluttante, prigioniero della città come tutti gli altri, costretto a indagare sulla scomparsa di una ragazza di nome Ariel. L’indagine è però tutt’altro che lineare: invece di seguire piste razionali, Morley si ritrova immerso in un labirinto di visioni, memorie frammentate e creature enigmatiche. La forza del fumetto sta anche nel modo in cui fonde thriller investigativo e horror psicologico, lasciando che il confine tra colpa, incubo e realtà si faccia sempre più sottile. I dialoghi sono asciutti e incisivi, mentre il ritmo è lento ma ipnotico, ideale per chi ama le atmosfere sospese e inquietanti.
Spoiler:
Col procedere della storia, si scopre che Green Wake non è una città reale, ma una sorta di limbo in cui finiscono le anime tormentate, incapaci di affrontare la propria colpa. Ariel non è semplicemente una vittima, ma una figura centrale che incarna la possibilità di redenzione e condanna. Morley stesso è legato ad Ariel da un tragico evento del passato, e la sua presenza nella città è tutt’altro che casuale. Il mostro che insegue i protagonisti non è altro che una proiezione collettiva dei traumi e delle colpe represse di chi vive nel limbo. Questo ribaltamento narrativo dà nuova luce a molti eventi precedenti e conferma quanto la serie giochi più sulla dimensione emotiva e psicologica che su quella fisica.
Dal punto di vista visivo
L’arte di Riley Rossmo è semplicemente perfetta per questa storia. Lo stile sporco, dinamico e quasi “liquido” rispecchia la natura instabile della città. I colori cupi, verdi marci, marroni, grigi e neri profondi, contribuiscono a creare un effetto opprimente e surreale. Anche il character design riflette la degradazione morale dei personaggi: nessuno è rappresentato come realmente “integro”, e tutto sembra perennemente sul punto di disfarsi. Rossmo riesce a far emergere emozioni e tensione senza bisogno di eccessi gore, puntando piuttosto sull’atmosfera e sulle deformazioni percettive.
Nel complesso
Green Wake è un fumetto horror intelligente, inquietante e originale. Non è una lettura per chi cerca solo mostri e sangue: è un racconto sul senso di colpa, sull’oblio e sulla possibilità (o meno) di trovare una via d’uscita da se stessi. La brevità della serie gioca a suo favore, evitando diluizioni e mantenendo la tensione alta fino all’ultimo numero. Sebbene sia rimasta una gemma un po’ nascosta nel panorama horror a fumetti, merita assolutamente di essere riscoperta, soprattutto da chi ama storie che si muovono tra incubo e allegoria. Green Wake non spaventa soltanto: ti rimane addosso, come fango sotto la pelle.
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