Darkman
Darkman (1990): il supereroe tragico e mostruoso di Sam Raimi
Nel 1990, ben prima dell’avvento del cinema supereroistico moderno e anni prima che Spider-Man lo consacrasse come maestro del genere, Sam Raimi firmava un’opera che è rimasta un ibrido unico: Darkman. Un film che mescola horror, noir, action, melodramma gotico e fumetto, dando vita a una creatura cinematografica difficilmente incasellabile, e proprio per questo affascinante.
Un mostro moderno: il ritorno della tragedia “alla Universal”
L’idea alla base di Darkman nasce dal desiderio di Raimi di creare un suo personale “mostro tragico”, ispirandosi alle figure immortali della Universal degli anni ’30 come il Fantasma dell’Opera, L’Uomo Invisibile e Dr. Jekyll & Mr. Hyde.
Il risultato è Peyton Westlake, interpretato da un intenso Liam Neeson: uno scienziato brillante che lavora su una tecnica rivoluzionaria di pelle sintetica destinata a restituire un volto alle persone sfigurate. Dopo aver scoperto per caso un giro di corruzione, Peyton viene torturato e lasciato a morire. Sopravvive, ma il suo sistema nervoso è irreparabilmente danneggiato: non sente più dolore… ma le sue emozioni esplodono senza freni, trasformandolo in un essere tormentato e pericoloso.
Raimi fonde così supereroe e mostro, scienza e vendetta, dando vita a un protagonista instabile, imprevedibile e profondamente umano nella sua disperazione.
Lo stile Raimi: un circo visivo a metà tra cartoon e incubo
Darkman è una palestra in cui Raimi affina molte delle tecniche che ritroveremo anni dopo in Spider-Man: camera dinamica, montaggio ipercinetico, soggettive impossibili, zoom improvvisi, esplosioni di colore e teatralità horror.
Tra le sequenze più memorabili:
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la trasformazione di Peyton, mostrata come un incubo visivo psichedelico
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la fuga sul filo della gru, un pezzo d’azione vertiginoso
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i momenti in cui Darkman assume l’identità dei nemici grazie alla pelle sintetica, dando vita a un gioco di scambi e maschere che cita apertamente il cinema noir
L’estetica è volutamente esagerata, fumettistica, quasi da B-movie di lusso: è proprio questa identità a rendere Darkman un film unico nel panorama degli anni ’90.
Liam Neeson e Frances McDormand: due interpreti in ascesa
Il cast è sorprendente se consideriamo che si tratta di un film concepito come un “mostro commerciale”:
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Liam Neeson offre un’interpretazione potente e drammatica, sospesa tra eroismo e follia
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Frances McDormand, nel ruolo dell’avvocata Julie, porta spessore emotivo e credibilità, diventando la bussola morale della storia
La coppia funziona, aggiunge cuore all’azione e rende credibile un melodramma che, nelle mani di un altro regista, sarebbe potuto scivolare nell’eccesso.
Tra horror e supereroi: un ponte tra due generi
Darkman sta in equilibrio perfetto tra:
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horror corporeo (ustioni, mutazioni, esplosioni emotive incontrollabili)
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vendetta alla Il giustiziere della notte
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supereroismo proto-moderno
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dark comedy ad alto tasso di follia
La narrazione è cupa ma ironica, tragica ma vibrante di energia pulp. Raimi prende i codici del fumetto e li reinterpreta in chiave horror gotica, creando un supereroe che non vuole salvare il mondo, ma solo se stesso… o quel che ne resta.
Eredità: un cult che ha anticipato un’epoca
Nonostante all’epoca non esplose al botteghino, Darkman divenne un film di culto, guadagnandosi due sequel direct-to-video e un posto speciale tra gli appassionati del cinema di genere.
La sua importanza storica:
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prefigura il cinema supereroistico adulto e tormentato dei Duemila
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conferma Raimi come autore capace di fondere horror e spettacolo popolare
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trasforma un personaggio originale, non tratto da fumetti esistenti, in un’icona
Oggi Darkman è ricordato come uno dei film più sperimentali e coraggiosi dell’epoca pre-Marvel.
Conclusione
Darkman è un film che vive tra le ombre: troppo horror per essere un “superhero movie” classico, troppo fumettistico per essere un horror puro. E proprio questo ibrido, questa identità “di confine”, lo rende ancora oggi un’opera unica, affascinante e profondamente personale.
Un viaggio nel dolore, nella vendetta e nella follia, filtrato attraverso l’immaginazione scatenata di Sam Raimi: un film che merita di essere riscoperto.
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