Abigail

Abigail (2024)

Una banda di criminali viene assoldata per rapire una dodicenne di nome Abigail, figlia di un potente boss della malavita e appassionata di danza. Intenzionati a tenerla in ostaggio per chiedere un riscatto di 50 milioni di dollari, il gruppo scoprirà presto che la vera sfida sarà riuscire a sopravvivere.

Abigail, diciamolo subito, è un film divertente. In un certo senso, è come vedere un quarto capitolo di From Dusk Till Dawn: parte come un heist movie e finisce in un bagno di sangue. Immagino che abbiate già visto almeno il trailer, quindi saprete che tutte le strategie per mantenere nascosta la sorpresa del film sono andate a farsi benedire (e con i vampiri di mezzo non è mai un buon affare!). In effetti, la piccola Abigail, interpretata con grande bravura dalla “matildiana” Alisha Weir, è in realtà una vampiretta piuttosto avvelenata, che gioca con le sue vittime a passi di danza. Il sapore tarantiniano non è casuale: infatti, c’è almeno una palese citazione de Le Iene quando il nostro Hermano, Giancarlo Esposito, si ritrova con la sua banda dopo il rapimento e li battezza con nuovi nomi: Mr. Pink, Mr. Blonde… no, ancora più tarantiniani di Tarantino. Gillett & Bettinelli-Olpin fanno una doppia citazione. Le identità saranno quelle degli eroi del Rat Pack: Dean (Martin), Sammy (Davis Jr.), Peter (Lawford), Joey (Bishop) e, ovviamente, Frank (Sinatra), che nel 1960 girarono uno degli heist movie per eccellenza, ovvero Ocean’s 11. A rafforzare il riferimento, prima di lasciare i suoi criminali nella casa, Esposito li chiama proprio “Rats”, sono topi, topi in trappola.

Abigail (2024)
Non Iene, ma ratti al lavoro

 

Per me, che assaporo le citazioni come un sommelier un buon vino, mi metto comodo in poltrona e vado avanti.

Nella casa dove tengono prigioniera Abigail, ci sono mille riferimenti al fatto che la bambina sia in realtà “altro”, e le battute degli attori sono abbastanza telefonate (come nella scena della hacker: “Siamo dentro!”), ma in compenso c’è un cast valido per bravura e simpatia: Melissa Barrera (Scream VI), Kevin Durand (protagonista di un placcaggio volante davvero memorabile – a quando un biopic su Elon Musk?), Kathryn Newton (vista recentemente in Lady Frankenstein e Freaky), Angus Cloud (Euphoria), deceduto purtroppo anche nella vita reale a causa di una miscela letale di fentanyl, cocaina, metanfetamine e benzodiazepine, e quella meravigliosa faccia da schiaffi “britpop”, Dan Stevens (The Guest, Downton Abbey, Legion), un attore sempre valido ma con una carriera indecisa per via delle scelte dei progetti.

La Barrera e Stevens, coppia interessante

La prima parte del film è più in sordina, ma l’occhio attento può cogliere reminiscenze, come la citazione edwoodiana quando Frank entra nella stanza della bambina senza maschera e si copre mezzo volto con la giacca. Che il cinema postmoderno faccia delle contaminazioni e citazioni un tratto distintivo è cosa nota e assimilata, ma trovo che sia un gioco spettatoriale sempre in grado di offrire stimoli ulteriori alla visione.

Adesso con che occhi guarderete “Matilda”?

La seconda parte del film è quella dopo la “Abigail Pandemonium revelation” (sì, sono una vampiretta, ma anche la killer per conto di mio padre, leggenda urbana che spaventa i criminali più di Batman!). La piccola stava solo giocando con i poveri incauti e, dopo aver decapitato e sventrato un paio di elementi, che sparivano dalla casa in stile Agatha Christie, comincia a scorrere il vero sangue. Un torrente copioso che mi ha riportato a quel Ready or Not, da noi mal distribuito, ma che aveva carte da giocare.
È qui che Alisha Weir fa il suo, inseguendo a passi di danza la sgangherata banda, che vorrebbe solo patteggiare la libertà e scusarsi per tornare alle proprie vite incasinate.
In sostanza (non svelerò le altre citazioni e il finale), Abigail è un lavoro discreto, dall’alto tasso di divertimento, che appassionerà chi saprà stare al gioco grandguignolesco del duo Gillett & Bettinelli-Olpin, che ancora una volta hanno saputo fare il loro lavoro con stile, ma senza stoccate clamorose.


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