Antichrist

Antichrist

Antichrist
Regia di Lars Von Trier
Danimarca 2009

TRAMA

Una notte un bimbo cade tragicamente da una finestra mentre i suoi genitori stanno avendo un rapporto sessuale. La coppia devastata dal lutto decide di isolarsi in un casolare nel bosco dell’Eden per cercare di superare il dolore della perdita. Questo percorso terapeutico scelto dall’uomo, uno psicoterapeuta di professione, avrà effetti devastanti sull’equilibrio, già notevolmente compromesso, della coppia.

CONSIDERAZIONI

È innanzitutto fondamentale sottolineare come Antichrist sia il prodotto di un regista che sta attraversando un momento estremamente delicato a livello personale e intimo.

La grave crisi depressiva che colpì Von Trier portò il regista a scrivere un film che è una metafora sul dolore, un’esperienza estrema divisa in 4 capitoli (Pena, Dolore, Disposizione e i 3 mendicanti) e che gradualmente risucchiano lo spettatore in una spirale di follia e, appunto, dolore…sia fisico che mentale.

Contrariamente a quello che può suggerire il titolo, facile prendere abbagli e aspettarsi l’ennesimo film di possessioni e avvento dell’anticristo, qui di religioso c’è molto poco se non alcuni rimandi biblici quali l’Eden, l’uomo e la donna (che rimangono anonimi per tutto il film) ma non risultano essere fattori dominanti e si dividono equamente con altre allegorie culturali, come per esempio i 3 animali (cervo, volpe e corvo) di rimando alle tradizioni medievali.

Oltre a questi fattori, un ruolo predominante lo occupa senza dubbio il sesso: le molteplici scene di rapporti sessuali e le violenze esasperate ai danni degli organi sessuali stessi portano il film spesso e volentieri sui binari dell’horror estremo, al torture porn, sebbene ogni etichetta sia estremamente riduttiva e non renda giustizia alla maestosità dell’opera.

Il sesso verrà descritto dal regista come portatore di disgrazie e strumento punitivo volto a far espiare colpe e desideri, questo concetto permea costantemente la visione e troverà sfogo in diverse sequenze di difficile sopportazione e grande impatto visivo.

Un film complesso, stratificato, dove si respira appieno il malessere del regista ma che sa essere anche affascinante, ipnotico e disturbante grazie a una regia profonda supportata da una grande fotografia e, soprattutto (a mio modesto avviso) grazie a una prova di recitazione mostruosa dei due protagonisti, Willem Dafoe e Charlotte Gainsbourg.
Il film è dedicato alla memoria del regista sovietico Andrej Tarkovskij.

MOMENTO PANDEMONICO

Per evitare spoiler mi limito a citare la scena in cui Lui troverà la volpe col ventre squarciato e utero in bellavista, l’animale ferito guardando l’uomo gli dirà “il caos regna”.


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