Autopsy (The Autopsy of Jane Doe)

Autopsy (The Autopsy of Jane Doe)
di André Øvredal (2016)

Il medico legale Tommy Tilden e suo figlio Austin eseguono un’autopsia sul cadavere di una giovane donna non identificata.

Citazione.

“Ogni corpo nasconde un segreto, alcuni riescono a farlo meglio di altri.”
“E alcune persone sono più brave a scoprirli.”
“Hai lavorato bene, ci arriverai.”
(Tommy & Austin Tilden)

Era una notte buia e tempestosa.

Siamo in Virginia. Tommy Tilden e suo figlio Austin gestiscono un piccolo obitorio-crematorio, nel seminterrato della loro casa.
Sul tavolo, pronto a essere ispezionato, c’è il cadavere intatto di una giovane donna non identificato. É stato ritrovato sulla scena di un triplice omicidio, particolarmente cruento.
Fuori, infuria la tempesta.
La situazione appare subito bizzarra, quasi spaventosa. Troppe cose non tornano ai due esperti medici che stanno conducendo l’autopsia.
Perché quel corpo si trovava sulla scena del crimine?
Come mai appare perfettamente intonso all’esterno, nonostante siano presenti evidenti fratture e lacerazioni interne?
Perché il cadavere ha gli occhi di colore grigio?
Ma, soprattutto, i rumori che si sentono nelle vicinanze, sono tutti da attribuire alla tempesta?
E ancora, chi é che Austin ha visto camminare nel corridoio dell’obitorio, riflesso in uno specchio?

Considerazioni.

André Øvredal ispirato, per sua stessa dichiarazione, da “The conjuring”, dirige questo horror originale e per nulla scontato.
Autopsy (The Autopsy of Jane Doe) si fa ricordare soprattutto per l’atmosfera che riesce a creare nel portare su schermo la vicenda narrata. Tutto viene orchestrato puntando sulle ombre, sul fumo, sul suono del campanellino attaccato alle caviglie dei cadaveri. Per fortuna, i jumpscare presenti sono pochi e ben fatti. Il regista preferisce affidarsi al mistero e all’ambientazione macabra e spettrale. Mistero che compare già nel nome affidato al cadavere in esame: Jane Doe (nominativo dato, in modo convenzionale, a qualsiasi individuo di sesso femminile di cui si ignori l’identità.)
Ma la costruzione é originale anche perché usa un punto di vista per nulla convenzionale, che si basa sul metodo scientifico. L’autopsia, infatti, é mostrata in modo molto analitico, quasi documentaristico. Ed é lodevole il fatto che il regista abbia scelto di non eccedere negli effetti speciali, che avrebbero diminuito l’effetto “reale” della scena.
Autopsy (The Autopsy of Jane Doe) si appoggia su una solida sceneggiatura firmata da Richard Naing e Ian Goldberg, ben strutturata e congegnata.
Da sottolineare anche la prova dei due attori principali, entrambi molto espressivi e calati alla perfezione nella parte. Soprattutto bravi a non eccedere in una recitazione troppo caricaturale e a mantenere il classico rigore dell’uomo di scienza, anche di fronte alle situazioni più inspiegabili.
Ma bravissima anche Olwen Kelly, nel ruolo di Jane Doe, a mantenere un’aura inquietante per tutta la durata del film.

Conclusioni.

Autopsy (The Autopsy of Jane Doe) é ricordato per la sua originalità nel saper creare un’atmosfera inquietante e una trama intrigante, mescolando elementi di mistero, soprannaturale e body horror.
Un’esperienza cinematografica inquietante e memorabile.
Da recuperare assolutamente.


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