Dracula (1931)

Dracula (1931)

Dracula (1931) – Il principe delle tenebre che fondò l’horror moderno

Nel 1931 il cinema si prepara a entrare in una nuova era. Il sonoro è ormai una realtà consolidata, e gli studios di Hollywood iniziano a intuire il potenziale dei grandi mostri letterari portati sullo schermo. È in questo contesto che nasce Dracula, diretto da Tod Browning e interpretato da Bela Lugosi: il film che avrebbe definito per sempre l’immaginario del vampiro e inaugurato il ciclo dei mostri Universal, gettando le basi dell’horror cinematografico come lo conosciamo oggi.

L’origine del mito

Tratto dal romanzo di Bram Stoker (1897) ma ispirato direttamente all’adattamento teatrale di Hamilton Deane e John L. Balderston, il film della Universal nasce da un’intuizione del produttore Carl Laemmle Jr., deciso a rilanciare la compagnia con un titolo audace. Il successo del teatro convince gli studios a scommettere sul progetto, e il ruolo di Dracula — rifiutato da Lon Chaney a causa della sua morte prematura — viene affidato all’attore ungherese Bela Lugosi, che lo aveva già interpretato a Broadway con grande successo.

Trama

Il giovane avvocato Renfield (Dwight Frye) si reca in Transilvania per concludere un affare immobiliare con il conte Dracula, intenzionato ad acquistare una dimora in Inghilterra. Ma il viaggio si trasforma presto in incubo: nel castello infestato da pipistrelli e nebbia, Renfield cade vittima del potere ipnotico del conte e diventa suo servo.

Giunto a Londra, Dracula inizia a mietere vittime tra le donne della borghesia, tra cui Lucy Weston e Mina Seward. Solo il professor Van Helsing (Edward Van Sloan) intuisce la natura del male e tenta di fermarlo, in un duello finale tra fede e tenebre che avrebbe segnato la storia del cinema horror.

Un’icona senza tempo

L’interpretazione di Bela Lugosi è la chiave del mito. Con il suo accento esotico, lo sguardo ipnotico e i movimenti eleganti, Lugosi trasforma il vampiro da creatura mostruosa a figura seducente e aristocratica. Il suo Dracula è allo stesso tempo gentiluomo e predatore, magnetico e terrificante — un’icona destinata a influenzare decenni di rappresentazioni successive, da Christopher Lee a Gary Oldman.

La regia di Tod Browning, sobria ma inquietante, alterna atmosfere teatrali e momenti di pura suggestione visiva. Merito anche della fotografia di Karl Freund, ex collaboratore di Murnau, che porta nel film l’eredità dell’espressionismo tedesco: ombre allungate, luci oblique e scenografie che sembrano vive, restituendo un senso costante di mistero e minaccia.

Un orrore fatto di silenzi

Pur essendo un film “parlato”, Dracula si affida più al silenzio che alle parole. Le lunghe pause, i rumori sottili e l’assenza quasi totale di colonna sonora (scelta insolita per l’epoca) creano un’atmosfera ipnotica e sospesa. È un horror costruito sull’attesa, più che sull’azione, dove la paura nasce dallo sguardo e dall’ombra — un linguaggio che ancora oggi conserva intatta la sua potenza.

Eredità e influenza

All’uscita, Dracula fu un enorme successo di pubblico, lanciando la Universal nel regno del fantastico e aprendo la strada a titoli come Frankenstein (1931), La mummia (1932) e L’uomo invisibile (1933). Bela Lugosi divenne immediatamente una leggenda, ma anche prigioniero del suo ruolo, tanto da identificarsi con il personaggio per tutta la vita.

Oggi, a quasi un secolo di distanza, Dracula resta una pietra miliare del cinema horror: un film che, pur segnato dai limiti tecnici del suo tempo, continua a evocare un fascino gotico ineguagliabile. È il punto di partenza di una mitologia che non smette di rigenerarsi, come il suo protagonista immortale.

Conclusione

Dracula (1931) non è solo la prima grande incarnazione cinematografica del vampiro, ma un’opera che ha codificato l’estetica dell’orrore: il castello avvolto nella nebbia, il mantello nero, lo sguardo ipnotico, il terrore che nasce dal non detto.

Con Tod Browning dietro la macchina da presa e Bela Lugosi davanti all’obiettivo, il cinema scopre che il vero orrore non ha bisogno di sangue in scena: basta un volto, una voce, e il buio che avanza.


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