Hostile Dimensions

Hostile Dimensions

Hostile Dimensions è un esperimento audace nel panorama indie del cinema horror-sci-fi

Diretto da Graham Hughes, questo film in stile found footage esplora una premessa familiare, la scomparsa misteriosa di una persona, per poi condurci in territori sempre più surreali, dimensionali e disturbanti. Con un budget limitato ma un’ambizione visiva e narrativa fuori dal comune, il film si distingue per la sua capacità di generare tensione crescente e inquietudine tramite mezzi visivi semplici ma creativi, affidandosi più alle idee che agli effetti speciali.

La trama ruota attorno a due giovani documentaristi scozzesi

Danni e Lewis, che decidono di indagare sulla sparizione di un’artista di strada di nome Kate. La loro indagine li porta in un edificio abbandonato e fatiscente dove trovano qualcosa che non si aspettavano: un portale verso una dimensione parallela. Da questo momento in poi, il film comincia a giocare con la percezione, lo spazio e il tempo, diventando un viaggio allucinante in cui i confini tra realtà e incubo si fanno sempre più labili. È chiaro fin da subito che Hostile Dimensions non è interessato a fornire risposte semplici, ma piuttosto a disorientare lo spettatore.

Uno degli aspetti più interessanti del film

È il modo in cui costruisce la tensione attraverso il montaggio e l’uso del sonoro. Le musiche elettroniche abrasive, i silenzi improvvisi e la distorsione dei suoni reali contribuiscono a un senso costante di disagio. Visivamente, il film gioca molto con simmetrie, loop visivi e ambienti che sembrano “respirare” da soli, facendo venire in mente opere come The Endless dei Moorhead & Benson, ma anche momenti del cinema di David Lynch. C’è qualcosa di profondamente perturbante nella ripetizione ciclica delle scene e nei dialoghi che iniziano a perdere senso man mano che i protagonisti si avvicinano al centro del mistero.

Spoiler:

Man mano che la narrazione si sviluppa, i protagonisti scoprono che ogni passaggio attraverso il portale li porta in una versione leggermente differente della realtà – alcune più ostili, altre più assurde. In una sequenza particolarmente disturbante, Lewis incontra una versione futura di sé stesso completamente impazzita, rinchiusa in un loop temporale di autodistruzione. Danni, invece, viene intrappolata in una dimensione in cui le persone sembrano svuotati d’identità, come gusci. Il film culmina con una rivelazione sconvolgente: non è solo un luogo a essere contaminato, ma tutte le dimensioni sono interconnesse da un’entità che si nutre della percezione umana. L’ultima scena mostra la videocamera che si riaccende da sola in un universo vuoto, suggerendo che il film stesso è solo un altro ciclo di osservazione.

La scelta stilistica di Hughes

Di mantenere tutto all’interno del linguaggio mockumentary (documentario falso) si rivela vincente, lo spettatore è continuamente chiamato a interrogarsi su cosa sia reale e cosa sia mediato dalla telecamera. In certi momenti, il film rompe persino la quarta parete, facendo intuire che lo spettatore potrebbe essere parte di una narrazione multidimensionale, come se anche chi guarda stesse “attraversando” dimensioni narrative diverse. È un’idea ardita e forse non completamente sviluppata, ma sicuramente stimolante e coerente con l’ambizione del film.

Nonostante alcune imperfezioni

Soprattutto nella recitazione, a tratti forzata, e in alcune sequenze che si dilungano troppo. Hostile Dimensions è una perla per chi ama il cinema sci-fi/horror che osa. Non cerca di piacere a tutti, e proprio per questo riesce a rimanere impresso. Se apprezzi titoli come Coherence, Triangle, Resolution o anche i momenti più oscuri di Event Horizon, questo film saprà stimolarti sia a livello viscerale che intellettuale. È un viaggio che non dimentichi, anche perché ti lascia il dubbio: e se stessimo già vivendo in una delle sue realtà parallele?


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