La Casa delle Bambole – Ghostland

La Casa delle Bambole – Ghostland
di Pascal Laugier (2018)

Una madre e le sue due figlie ricevono in eredità una casa piena di bambole inquietanti. Appena giunte sul luogo, subiscono una brutale aggressione.

Citazione.

“Aiutami, Beth… Beth.”
“Vera…”
“Non ascoltarla, Vera. Quel mondo ormai non ti appartiene più.”
“È mia sorella, mamma.”
“Il suo mondo è un posto orrendo in cui vivere.”
“Ma resta sempre mia sorella.”
“Sei sicura di volerci tornare?”
“Sì.”
“Allora va piccola… va.”
(Vera, Beth e Pauline)

Mi piace scrivere storie.

Come è possibile difendersi da un uomo massiccio ed estremamente violento, che vuole solo giocare con le bambole? Un gigante ritardato che è convinto che tu e tua sorella siate delle bambole da poter usare e distruggere, a suo piacimento. Sul piano fisico, non c’è alcuna speranza, è una battaglia persa in partenza. E allora non rimane che volare via, con la mente. Dare libero sfogo alla fantasia, creando il migliore dei mondi possibili, il posto più magico e speciale che esista. Via, lontano dalle torture e dalle botte che il tuo corpo sta subendo, verso un universo parallelo, che ti sembra così reale e confortante. Un luogo sospeso in un tempo indefinito, in cui vivi in pace e armonia con le persone che ti circondano, sei sposata con un uomo meraviglioso e puoi persino parlare con Lovecraft. Questa potrebbe diventare la tua ancora di salvezza, l’appiglio a cui aggrapparti. Ma c’è il suono di un camion che continui a sentire, di tanto in tanto, in lontananza, e poi quella scritta “Help me” sullo specchio. Due elementi disturbanti che crepano l’illusione che ti sei costruita.
E ti fanno ripiombare nell’incubo.

Considerazioni.

Pascal Laugier firma la regia di questa coproduzione canadese e francese.
La Casa delle Bambole – Ghostland conferma lo stile estremo del regista che non si ferma di fronte a nulla e mostra l’orrore in primo piano, senza inutili fronzoli per edulcorare la pillola. Le scene che testimoniano le torture subite dalle due protagoniste principali, sono davvero difficili da digerire, almeno per un pubblico mainstream abituato ad altri tipi di soluzioni visive. Laugier gioca con gli elementi classici del genere, e non ha paura certo di tenere il piede sempre ben schiacciato sull’acceleratore. Ma la vera magia di questa pellicola, è lo studio psicologico che c’è dietro al personaggio di Beth. La giovane donna che sogna di diventare scrittrice e che, grazie a questo suo dono, riesce a sopravvivere all’orrore più nero. Le sue continue “fughe” dalla realtà sono portate in scena in modo inaspettato e lucido. Questo crea confusione nello spettatore e contribuisce, non poco, al fascino del film. Le proiezioni mentali di Beth rappresentano infatti la parte più interessante della pellicola. Questa intuizione, che diventa parte rilevante e fondamentale della trama, giustifica ed insieme esalta questo progetto, salvandolo da quelli che sono i soliti clichè, visti e rivisti. In questo senso, siamo di fronte a uno strano ma affascinante ibrido, qualcosa di estremamente violento che riesce a diventare, al contempo, riflessivo e persino poetico. La giovane Beth che trae forza dai suoi sogni e scappa dall’orco e dalla favola nera che sta vivendo, rappresenta la vittoria e, insieme, la rivincita dell’immaginazione sulla realtà.
Curiosità: per un curioso, quanto sfortunato incidente, durante le riprese, le ferite procurate da un vetro rotto, hanno costretto l’attrice Taylor Hickson (Vera) a 70 punti di sutura. Nonostante questo, è rimasta irrimediabilmete sfigurata in volto.

Conclusioni.

La Casa delle Bambole – Ghostland si distingue per il suo approccio psicologico e inquietante, che unisce elementi di violenza fisica e mentale a un’atmosfera opprimente e claustrofobica. Il film, che ha diviso la critica, esplora il trauma, la psiche umana e la paura di perdere il controllo sulla propria mente.


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