Mad God

Mad God

Un viaggio oltre il linguaggio

Mad God, diretto da Phil Tippett, è un’opera cinematografica unica, nata da un incubo durato trent’anni. Tippett, genio degli effetti visivi dietro capolavori come Star Wars e Jurassic Park, ci trasporta in un universo distorto, costruito interamente con animazione in stop-motion e live-action minimali. L’intera pellicola è priva di dialoghi e si regge su immagini disturbanti, rumori industriali e una colonna sonora cupa. Non c’è una narrazione tradizionale, bensì una lenta discesa negli abissi di un mondo post-apocalittico, grottesco e corrotto.

La forma è il messaggio

La forza di Mad God sta nella sua estetica. Ogni fotogramma è meticolosamente curato, come una pittura a olio animata che respira, si contorce e suppura. Le ambientazioni – fatte di fango, metallo, organi e macchinari fatiscenti – richiamano artisti come Zdzisław Beksiński o H.R. Giger. È cinema come arte pura: il senso emerge da ciò che si vede e si sente, non da ciò che viene detto. È come entrare nei sogni disturbati di un artigiano del caos, con un linguaggio simbolico che lascia spazio all’interpretazione personale.

Un film che sfida lo spettatore

Guardare Mad God non è un’esperienza facile. È una prova di resistenza emotiva e visiva, con ritmi lenti, ambienti ostili e una sequenza di orrori che sembra non finire mai. La trama non è chiaramente spiegata, e questo può risultare frustrante per chi cerca una narrazione lineare. Tuttavia, per chi riesce ad abbandonare le aspettative convenzionali, il film offre qualcosa di raro: un’immersione totale in un mondo che sfugge a qualsiasi schema narrativo tradizionale.

Spoiler:

La figura centrale del film è un personaggio simile a un soldato (chiamato “The Assassin”) che viene calato in un paesaggio devastato tramite una capsula. La sua missione – che non viene mai spiegata esplicitamente – sembra consistere nel depositare un ordigno in una sorta di struttura mistica o tecnologica. Tuttavia, viene catturato e vivisezionato in una sequenza angosciante. Il cuore della storia ruota attorno a un ciclo apparentemente infinito di creazione e distruzione: una creatura deforme viene fatta nascere, scomposta, e trasformata in un nuovo universo. L’intero processo sembra suggerire che anche Dio (il Mad God del titolo) sia parte di un meccanismo perverso, indifferente alla sofferenza.

Un film anti-teologico

Mad God è intriso di simbolismo religioso e mitologico, ma lo fa in modo nichilista. Qui non c’è salvezza, né redenzione. Gli esseri umani (o quel che ne rimane) sono schiacciati da un sistema oppressivo e inintelligibile, e la “divinità” è folle, crudele o semplicemente assente. Il titolo stesso è una dichiarazione d’intenti: la divinità di questo universo è impazzita, o forse il mondo è semplicemente privo di senso. Tippett sembra suggerire che l’ordine e la bellezza non siano altro che illusioni temporanee, destinate a disgregarsi nel caos.

Arte estrema per stomaci forti

Mad God non è per tutti, e non lo vuole essere. È un film che vive al di fuori del circuito mainstream, che parla agli appassionati di animazione sperimentale, horror visionario e cinema d’artista. Chi cerca una narrazione convenzionale, resterà probabilmente disorientato o deluso. Ma per chi è disposto a lasciarsi guidare da immagini potenti, a fare i conti con il disgusto e l’angoscia, Mad God è una delle esperienze cinematografiche più originali e radicali degli ultimi anni. Un incubo fatto a mano, e come tutti gli incubi, impossibile da dimenticare.


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