Pandorum
Pandorum è un film che affonda le radici
Nei territori più cupi della fantascienza claustrofobica, costruendo fin da subito un senso di disorientamento totale. L’incipit con il risveglio da un sonno criogenico, la memoria frammentata e l’astronave sporca, abbandonata e in panne, crea un’atmosfera di inquietudine che ricorda gli incubi siderali di Alien ma con un taglio più psicologico. La regia lavora molto sui corridoi metallici, sulla poca luce e sui rumori che risuonano nel vuoto, mettendo in crisi la percezione dello spettatore tanto quanto quella dei protagonisti.

La tensione cresce in modo graduale
Ma costante, puntando sull’incertezza del vero pericolo. Il film gioca infatti sulla doppia natura della minaccia: interna, con la mente che cede all’angoscia del buio e della solitudine, ed esterna, con presenze ostili che sembrano essersi diffuse nell’astronave come un virus predatorio. L’azione non è mai fine a sé stessa, e ogni sequenza serve ad accentuare la sensazione di essere intrappolati in un luogo dove la realtà è in continuo slittamento.
La forza di Pandorum
Risiede anche nella costruzione dell’equipaggio, o di ciò che ne rimane. I personaggi non sono semplici vittime, ma frammenti di un’umanità ormai scomposta, ognuno con il proprio modo di reagire alla paura e alla perdita di identità. Il film tratteggia un mondo futuro in cui la colonizzazione spaziale non è un atto eroico, ma una missione disperata che può facilmente trasformarsi in incubo. La componente emotiva, seppur non protagonista, riesce comunque a emergere nei momenti chiave e a dare un peso maggiore agli eventi.

Spoiler:
Una delle rivelazioni più potenti del film è che l’intera nave è già atterrata da secoli sul pianeta di destinazione, ma nessuno se n’è accorto perché l’equipaggio ha ceduto alla follia del Pandorum e alla degenerazione. I mostri che infestano i corridoi non sono alieni, ma i discendenti mutati degli stessi coloni destinati a popolare il nuovo mondo. Questa torsione narrativa ribalta completamente la percezione delle minacce, trasformando la storia da un survival spaziale a una tragedia umana ciclica, in cui il vero orrore è ciò che gli uomini diventano quando vengono abbandonati al caos.
Il comparto visivo
Pur con un budget contenuto, è sorprendentemente efficace. I design delle creature sono sporchi, tribali e disturbanti, a metà tra l’uomo e un parassita evolutosi in un ambiente privo di controllo. L’astronave stessa sembra viva, con tubature che pulsano e camere che si aprono come organi di un corpo morente. La colonna sonora accompagna tutto con toni industriali e droni profondi che rafforzano la sensazione di discesa in un girone infernale meccanizzato.

Nel complesso
Pandorum è un’opera sottovalutata che riesce a fondere horror, science fiction e psicologia in un mix potente. Pur non priva di imperfezioni, soprattutto in alcune spiegazioni un po’ affrettate, colpisce per atmosfera, ritmo e immaginario. È un film che non vuole solo spaventare ma anche mettere a disagio, interrogando ciò che resta dell’identità quando la memoria vacilla e l’umanità si spezza. Un titolo ideale per chi ricerca storie cupe, sporche e profondamente inquietanti nello spazio profondo.
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