Prospect
Un gioiello nascosto nella galassia indie sci-fi
Prospect (2018), diretto da Zeek Earl e Chris Caldwell, è una perla rara nel panorama della fantascienza indipendente. Distribuito da Gunpowder & Sky e presentato per la prima volta al SXSW Film Festival, il film si distingue per un’estetica che richiama il realismo sporco e tangibile del primo Star Wars, ma declinato in una chiave decisamente più minimalista e intimista. La pellicola, girata con un budget contenuto, riesce a creare un universo alieno credibile e visivamente ricco grazie a scenografie pratiche, costumi ingegnosi e un uso sapiente della fotografia. Il risultato è un film dall’atmosfera densa, che si insinua lentamente nello spettatore e lo avvolge con la sua tensione silenziosa.
Una fantascienza dal cuore umano
La storia ruota attorno a Cee (interpretata dalla promettente Sophie Thatcher) e a suo padre (Jay Duplass), due prospectors spaziali in missione su una luna tossica per estrarre un prezioso minerale biologico. Il mondo esterno è ostile, sia fisicamente che moralmente: ogni interazione con altri esseri umani può essere letale. Al centro del film c’è il rapporto tra padre e figlia, la loro dipendenza reciproca e la progressiva presa di coscienza di Cee nei confronti del proprio ruolo nel mondo. Il viaggio diventa presto più interiore che fisico, una lenta ma inesorabile transizione dalla dipendenza alla resilienza.
Pedro Pascal e la moralità ambigua
Il personaggio di Ezra, interpretato da Pedro Pascal, è uno degli elementi più riusciti del film. Antieroe per eccellenza, Ezra è un uomo di parole eleganti e morale fluida, la cui presenza trasforma ogni scena in un confronto psicologico più che fisico. Pascal gli dona una presenza magnetica e ambigua, un misto di minaccia e fascino che tiene lo spettatore costantemente in bilico. È anche grazie alla chimica tra i due protagonisti — Thatcher e Pascal — che Prospect mantiene alta la tensione, nonostante un ritmo volutamente rallentato.
Una costruzione del mondo sottile ma efficace
Il worldbuilding di Prospect non è mai invadente: non ci sono spiegoni né mappe stellari, ma piuttosto frammenti di un universo più ampio lasciati cadere qua e là, come reliquie di una civiltà decaduta. L’ambientazione – una foresta aliena densa e umida – diventa quasi un personaggio a sé, contribuendo a quel senso di claustrofobia e isolamento che permea tutto il film. È un ambiente vivo, minaccioso, che ricorda quanto sia precario il confine tra sopravvivenza e fallimento in questo angolo remoto dell’universo.
Spoiler: Il prezzo della sopravvivenza
Dopo che il padre di Cee viene ucciso in un tentativo fallito di negoziazione, la ragazza si ritrova costretta a collaborare con Ezra per completare la missione. Questo sodalizio forzato diventa il cuore emotivo della seconda metà del film: Cee, inizialmente diffidente, dimostra una sorprendente capacità di adattamento e determinazione, fino al punto di ingannare e uccidere uno dei rivali di Ezra. Il climax arriva con la scelta finale: Cee decide di non abbandonare Ezra, nonostante avrebbe l’occasione di farlo. È una scelta non sentimentale, ma pragmatica, fondata su un fragile senso di fiducia e necessità. Il film termina lasciando lo spettatore con una domanda aperta: è nata una nuova alleanza, o si tratta solo di un’altra tregua temporanea in un mondo privo di legge?
Una lezione di cinema indipendente
Prospect non è un film per tutti: il suo ritmo è lento, la narrazione ellittica, e l’azione dosata con estrema parsimonia. Ma per chi apprezza la fantascienza riflessiva, priva di fronzoli digitali e capace di scavare nel terreno instabile dell’etica umana, è un’esperienza da non perdere. È anche una dimostrazione brillante di come il cinema indipendente possa ancora sorprendere, costruendo mondi coerenti e affascinanti con pochi mezzi ma con grandi idee. Se non ne hai ancora sentito parlare, è il momento di dargli una possibilità — perché a volte, le gemme più preziose si trovano nei luoghi più inospitali.
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