La Donna del Diavolo

La Donna del Diavolo

La Donna del Diavolo.

Nel 1973 “L’Esorcista” segnava un’epoca, diventando un punto di svolta a cui attingere per raccontare l’orrore quotidiano attraverso l’opera del Demonio.

Da lì in poi seguirono diversi film in tema, tra i quali spiccava “L’anticristo”, uscito nel 1974 per la regia di Alberto de Martino.

La pellicola proiettava da subito lo spettatore in un’Italia arcaica, inquietante e misteriosa, in cui compariva Carla Gravina, attrice affascinante e di talento che, pur non avendo mai recitato in film di questo genere, riusciva a reggere con ragguardevole carisma l’impatto con un ruolo così complicato e problematico.

Ippolita Oderisi, il suo personaggio, è una donna giovane e bella che, nonostante i comfort di una vita agiata, non riesce a superare un trauma infantile legato ad un incidente automobilistico nel quale la madre perde la vita e lei resta paralizzata, costretta da allora a vivere su una sedia a rotelle. Con il tempo Ippolita diventa una donna orgogliosa e profondamente sofferente, una figura frustrata e malinconica, intrappolata in un corpo che a fatica percepisce come suo.

Come se ciò non bastasse, nella casa in cui vive serpeggia un’aria di indifferenza: Ippolita chiede aiuto ma i personaggi che le gravitano attorno sono come sordi ai suoi richiami. A cominciare dal padre, che troppo tardi decide di anteporre la salute della figlia all’amore per la sua nuova compagna. È una condizione triste e curiosa la sua poiché dopo l’incidente non sono mai state riscontrate lesioni fisiche, tanto da far sospettare che la sua paralisi sia dovuta più ad un blocco psicologico.

Sarà questo lo spunto che induce il fratello a suggerirle di sottoporsi ad una seduta di ipnosi regressiva affinché possa rivivere il suo passato ed affrontare l’elaborazione del lutto con un altro spirito.

Ciò che accadrà però, sarà qualcosa di inquietante e imprevedibile perché proprio dal suo subconscio emergerà un’antica figura maligna, che irrompe prepotentemente nella sua vita. In questo contesto Carla Gravina riesce a tratteggiare perfettamente il suo personaggio, rimandando l’immagine di una donna sofferente e combattuta prima, quanto terrificante e blasfema dopo, in un film dove il Male si antepone al Bene quasi fosse una rivalsa sociale.

Eppure, nonostante l’aria pessimistica che aleggia sul film, sarà il Bene a trionfare, ribaltando la prospettiva iniziale e infondendo un messaggio di speranza, perché in un ultimo atto disperato sarà proprio la sua famiglia a salvarla, spingendola ai piedi di una croce e liberandola definitivamente dal Male.

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