17-21 di Tatsuki Fujimoto – I primi fuochi di un dio inquieto
Prima che Chainsaw Man squarciasse il mondo dell’animazione.
Prima che Fire Punch incendiasse il concetto di narrazione stessa.
C’era un ragazzo chiuso in casa, senza amici, senza futuro certo, con l’unica certezza che la sua mente non riusciva a dormire.
Quel ragazzo era Tatsuki Fujimoto.
E 17-21 è la testimonianza viva — sanguinante — di quegli anni.
Non è una raccolta di storie.
È un diario bruciato.
Una confessione.
La ferita originaria
17-21 raccoglie manga che Fujimoto ha disegnato tra i 17 e i 21 anni.
Sono opere acerbe — sì — ma già feroci.
Già marchiate dal suo tratto inconfondibile: ironia macabra, affetto scomposto, violenza emotiva.
In questi racconti non c’è ancora Pochita.
Non c’è Makima.
Non ci sono demoni.
Ci sono bambini e mostri che vivono dentro i bambini.
Ci sono adulti che hanno smesso di respirare pur continuando a camminare.
Già qui Fujimoto ha capito una cosa che molti autori non capiscono mai:
l’orrore più grande è la quotidianità.
La bellezza dell’imperfezione
I disegni sembrano tremare.
Le linee sono irregolari, i volti stanchi, il nero è troppo nero.
Ed è proprio questo a renderli vivi.
Fujimoto non cerca mai il bello.
Cerca il vero.
La bellezza, nel suo mondo,
è ciò che rimane dopo che tutto è stato macellato.
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