Amityville Possession (Damiano Damiani, 1982)

Amityville Possession

Amityville Possession (1982)

Il Male prima della Famiglia Lutz

Nel panorama del cinema horror soprannaturale degli anni ’80, Amityville Possession occupa un posto particolare: non si limita a cavalcare il successo del primo Amityville Horror (1979), ma tenta la strada del prequel, narrando una storia “ispirata” – molto liberamente – ai veri delitti della famiglia DeFeo, avvenuti nella tristemente nota casa di Ocean Avenue, Amityville.

La Trama

Diretto dal regista italiano Damiano Damiani, già celebre per i suoi noir e polizieschi d’impegno civile, Amityville Possession racconta l’arrivo nella casa maledetta della famiglia Montelli (trasparente alter ego dei DeFeo). Dietro la facciata di apparente normalità, si cela una realtà di tensioni familiari violente: il padre (Burt Young) è un uomo brutale e dispotico, la madre (Rutanya Alda) è remissiva, mentre i figli Sonny (Jack Magner) e Patricia (Diane Franklin) cercano una via di fuga da quell’inferno domestico.

Sarà proprio Sonny a cadere vittima di una forza demoniaca che si insinua nella casa e nella sua mente, portandolo progressivamente verso la follia omicida. Quando la possessione si fa totale, nessuno sarà al sicuro. Nemmeno l’intervento di un prete, padre Adamsky (James Olson), riuscirà a fermare l’esplosione di violenza.

Oltre il Classico Horror: un film disturbante

A differenza del primo film della saga, incentrato su case stregate e fenomeni paranormali, Amityville Possession scava nelle paure più oscure: la famiglia come luogo di violenza, incesto (suggerito nel rapporto morboso tra Sonny e la sorella Patricia) e potere distruttivo. Il Male non è solo esterno, ma nasce anche dalle crepe di un nucleo familiare già marcio.

Damiani porta il suo sguardo disilluso e realistico in un contesto soprannaturale, confezionando un horror teso, cupo, a tratti claustrofobico, che mescola possessione demoniaca e dramma psicologico.

Aspetti tecnici e stilistici

Visivamente il film colpisce per l’uso di colori freddi e luci livide, che trasformano la casa in una prigione opprimente. Gli effetti speciali – pur modesti rispetto agli standard odierni – risultano efficaci nel rendere disturbanti le scene di possessione, soprattutto grazie alla performance intensa di Jack Magner, che incarna la trasformazione di Sonny da adolescente fragile a carnefice posseduto.

Le musiche di Lalo Schifrin, cupe e sinistre, contribuiscono a costruire un’atmosfera di costante inquietudine.

Accoglienza e controversie

All’uscita, Amityville Possession divise pubblico e critica. Alcuni recensori apprezzarono il coraggio del film nel trattare temi scabrosi e il suo tono radicale; altri lo accusarono di sensazionalismo gratuito e di cattivo gusto, soprattutto per l’allusione all’incesto e la rappresentazione della violenza familiare.

Col tempo, però, è diventato un piccolo cult tra gli appassionati dell’horror più sporco e malato, proprio per il suo approccio disturbante e per l’impronta personale lasciata da Damiani, regista atipico per il genere.

Conclusione

Amityville Possession resta uno degli episodi più cupi e controversi della saga di Amityville. Meno spettacolare, ma più malsano e psicologicamente inquietante rispetto ad altri titoli della serie, rappresenta un esperimento anomalo in cui il cinema horror incontra il dramma familiare con una carica di disagio che ancora oggi colpisce lo spettatore.


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