Cocaine – La vera storia di White Boy Rick

Cocaine  La vera storia di White Boy Rick
di Yann Demange (2018)

Nuovo appuntamento con questa rubrica dedicata ai film che trattano imprese criminali.

La storia vera di un adolescente diventato prima informatore dell’FBI, poi arrestato per traffico di stupefacenti e infine condannato all’ergastolo.

“Ma perché resti, papà? A Detroit?”
“Bello mio, il leone non lascia il Serengeti! E poi questo sarà il nostro anno, me lo sento !”
(Rick Wershe Sr. & Jr.)

White Boy Rick

Il 27 maggio 1987, Richard Wershe Jr, meglio conosciuto come White boy Rick , venne fermato dalla polizia di Detroit mentre trasportava 8 kg di cocaina e 30.000 dollari in contanti.

All’epoca era troppo giovane per guidare, bere alcolici, votare o comprare sigarette.

Eppure era già stato un informatore dell’FBI che, sfruttando il suo giro di amicizie, lo aveva prima infiltrato nelle bande locali con l’intento di incastrare il boss Johnny Curry.

Successivamente fatto diventare a sua volta spacciatore promettendogli come compenso i proventi della vendita delle sostanze.

Richard si era fatto un nome nell’ambiente ma aveva attirato attorno a sé parecchi sospetti culminati in un agguato ordito contro di lui dallo stesso Curry.

Un giorno, una pallottola gli aveva perforato lo stomaco.

Ma i guai veri erano arrivati più tardi, quando all’interno delle indagini cominciarono a spuntare i nomi di alti funzionari e politici.

Fu allora che si registrò un clamoroso voltafaccia dei federali che lo abbandonarono al suo destino senza dargli neanche il tempo di capire fino in fondo la situazione.

Rick rimase infatti convinto, anche dopo l’arresto, di godere ancora di qualche forma di protezione da parte dell’FBI.

Quel giorno di maggio del 1987 lasciò la sua abitazione con la speranza di tornarci presto.

In realtà, così non fu. Condannato durante il processo che ne seguì, rimase in carcere per 33 anni, fino a quando venne scarcerato nel 2020.

Un Triste Primato

É tristemente diventato il minorenne non violento ad aver passato più tempo dietro le sbarre nella storia dello stato del Michigan, tradito dallo stesso sistema che aveva aiutato a smascherare.

Demange dirige un noir bello, sporco e cattivo quanto basta, senza commettere l’errore di farci affezionare troppo ai personaggi.

Di grande effetto e atmosfera la ricostruzione dell’ambiente urbano di una Detroit in piena recessione economica, dove il degrado, la povertà e la miseria si prendono la scena.

Dove i sogni di un futuro migliore vengono uccisi dalla violenza e dalla corruzione che serpeggia e trova terreno fertile soprattutto in quelle strade dove le bande afroamericane comandano e fanno i loro affari loschi.

Il focus resta incentrato sul dramma personale del protagonista, interpretato da un sorprendente Richie Merritt che risulta estremamente credibile nella parte, e su quei quattro anni che hanno cambiato per sempre la sua vita.

A far da contorno un cast di attori di prim’ordine in cui spiccano un Matthew McConaughey in stato di grazia nel ruolo del padre del protagonista e un Bruce Dern intenso e incattivito nel ruolo del nonno.

Un bel film, solido e avvincente.


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