Men

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Regia Alex Garland
Regno Unito 2022

TRAMA

Harper è una donna che decide di isolarsi in una casa sperduta nel piccolo villaggio di Cotson per superare il trauma della morte del marito da cui era in procinto di separarsi.
Sperando di trovare elementi utili per affrontare questo difficile momento si accorgerà presto che in quel posto qualcosa non va.
Inoltre i sensi di colpa e le sue inquietudini saranno forti alleati delle strane presenze che animano quel luogo e incombono su di lei.

CONSIDERAZIONI

Terzo lungometraggio del talentuoso Garland (Ex Machina e Annientamento), MEN è un lungo viaggio interiore che sfocia nel dramma personale ed esistenziale, potenziato da forti visioni horror.
Il regista sceglie di snocciolare la storia della nostra protagonista attraverso brevi flashback strategicamente posti a intermittenza e disseminati a intervalli lungo il film che faranno capire del perché e cosa ha portato la protagonista all’isolamento.
Il ritmo, soprattutto nella parte iniziale, è contemplativo e Garland si prende tutto il tempo per costruire i suoi personaggi e, soprattutto, i paesaggi, cosa che giustifica pienamente l’etichettatura del suo stile all’interno dell’ombrello dell’elevated horror.

Harper dovrà cimentarsi in una dura lotta, che a tratti sembrerà impari, dove i mostri sono i sensi di colpa per la morte del marito (tragedia o suicidio?), gli strascichi lasciati da un matrimonio difficile con un uomo maschilista, le figure oscure che animano quel luogo e il volto delle persone con cui viene a contatto. Ciò che può sembrare un inno al patriarcato ci viene sussurrato dai continui richiami alla fertilità per i “meriti maschili” come testimoniano le immagini dedicate a Sheela Na Gig, l’esplosione body horror del finale e la rivelazione dell’amica di Harper quando compare alla fine.

Men è un film allegorico che affonda elegantemente le sue radici nel folk grazie a richiami culturali e tradizionali. Garland fa convergere questi simboli in unico corpo e dà loro vita in una scena cruda che lascerà inevitabilmente lo spettatore inquieto e perplesso. Le figure si trovano molto spesso all’interno delle chiese in posizioni semi-nascoste e il regista ce lo mostra attraverso numerose inquadrature che le riprendono nel dettaglio.
Questo interesse per il mondo ecclesiastico si traduce anche nel personaggio più sviluppato tra quelli maschili, il vicario.
Temi complessi e scottanti quindi, difficili da assimilare e ricchi di particolari da cogliere, ma che dirameranno l’orrore in maniera capillare nei luoghi, nel cervello, nelle persone, nel bosco….ovunque.

Oltre a questi particolari, evidenti ed importanti per elevare il film al di sopra della media, sicuramente altri punti di forza della pellicola sono le grandi performance dei due protagonisti Jessie Buckley (Harper) e Rory Kinnear, e una fotografia strabiliante a cura di Rob Hardy.
Immagini e colori notevoli per un film teso, onirico e angosciante che troverà il suo culmine nell’esplosione body horror del delirante e visionario finale dove tutto assumerà un’aurea estrema.

MOMENTO PANDEMONICO

Harper va fare una passeggiata nel bosco e si imbatte in un vecchio tunnel ferroviario in disuso dove inizia a giocare con l’eco della sua voce. Una figura appare alla fine del tunnel e inizia a camminare verso di lei. Scappa si ferme in un campo aperto, scatta una foto di un edificio abbandonato con il suo telefono, catturando inavvertitamente un uomo nudo in piedi che la sta fissando.

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