Ahmad Suradji: lo Stregone Assassino di Sumatra
Ahmad Suradji: lo stregone assassino di Sumatra
Tra i nomi più inquietanti della cronaca nera asiatica figura quello di Ahmad Suradji, conosciuto anche come lo stregone assassino di Medan. La sua storia mescola superstizione, magia nera e crudeltà, rendendolo uno dei serial killer più spietati e disturbanti del XX secolo.
Le origini
Ahmad Suradji nacque nel 1949 a Medan, nell’isola di Sumatra (Indonesia). Di professione allevatore di bovini, godeva di una certa reputazione nella comunità come dukun, ossia sciamano tradizionale. In un Paese dove la magia e la superstizione hanno ancora un forte peso culturale, Suradji veniva spesso consultato da donne che cercavano fortuna, amore o successo.
Dietro questa facciata di guaritore e uomo di fede popolare, però, si celava un individuo ossessionato dal potere e dominato da un desiderio oscuro: ottenere forze soprannaturali attraverso il sangue e la vita delle sue vittime.
Le visioni e il rituale mortale
Secondo la sua stessa testimonianza, Suradji dichiarò di aver avuto un sogno in cui lo spirito del padre gli ordinava di uccidere 70 donne e di bere la loro saliva, così da acquisire poteri mistici straordinari. Convinto di dover obbedire a quella “chiamata spirituale”, iniziò una serie di omicidi rituali che durarono più di un decennio.
Le vittime erano principalmente giovani donne che si rivolgevano a lui per riti di prosperità o incantesimi d’amore. Suradji le conduceva in campi isolati, le seppelliva fino alla vita e, una volta immobilizzate, le strangolava con un cavo. Dopo l’omicidio, seppelliva i corpi vicino alla propria casa, con la testa rivolta verso la sua abitazione, perché credeva che questo gesto gli avrebbe garantito un maggiore flusso di energia spirituale.
La scia di sangue
Tra il 1986 e il 1997, Ahmad Suradji uccise 42 donne. Le sue vittime appartenevano a diversi ceti sociali: studentesse, casalinghe, prostitute. Alcune vennero attirate con la promessa di fortuna o guarigione, altre con la speranza di conquistare l’amore di un uomo.
La brutalità e la freddezza con cui Suradji mise in atto i suoi omicidi rituali lo resero uno dei serial killer più prolifici della storia dell’Indonesia. Non agì da solo: tre delle sue mogli, che erano anche sorelle tra loro, lo aiutarono in alcuni dei delitti, contribuendo a rafforzare l’alone macabro attorno alla sua figura.
L’arresto e la condanna
La fine del regno del terrore arrivò nel 1997, quando la polizia scoprì i resti di diverse donne sepolte vicino alla sua abitazione. Durante gli interrogatori, Suradji confessò con freddezza gli omicidi, giustificandoli come parte del suo “dovere spirituale”.
Il processo attirò grande attenzione mediatica e suscitò orrore in tutto il Paese. Nel 1998 venne condannato a morte per fucilazione. La sentenza fu eseguita il 10 luglio 2008, chiudendo una delle pagine più oscure della cronaca criminale indonesiana.
Un lascito di paura
La vicenda di Ahmad Suradji rimane un caso emblematico della commistione tra superstizione, religione e violenza. La sua figura rappresenta un monito inquietante: come la fede cieca nelle pratiche occulte, unita a disturbi psicologici e sete di potere, possa trasformarsi in una spirale di morte.
Ancora oggi, in Indonesia, il nome di Suradji è ricordato con timore, come l’incarnazione di un male che si nutrì di credenze popolari e le trasformò in uno strumento di orrore.
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