Affari di Famiglia

Affari di Famiglia
di Chris Brinker (2014)

Un sicario di nome Jesse Weiland viene arrestato e diventa informatore della giustizia.
Lo scopo é quello di sgominare la più potente organizzazione criminale della Louisiana ma i problemi non tarderanno ad arrivare.

“Il sud della Louisiana negli anni ‘80 era un posto diverso. C’era chi diceva che fosse un posto senza legge ma non era vero. Altri dicevano: noi quaggiù facciamo le cose a modo nostro..ma neanche questo era vero.
Io dico invece che era ciò che era: un secchio senza coperchio. Certo, dipendeva da che tipo di uomo eri ma c’era solo una cosa che era meglio che ognuno sapesse: i poliziotti seguono le regole, i criminali no.
E se si dimentica questo, la cosa può costare la vita.”
(Bud Carter)

Uno sfondo spettacolare.

Avete presente le paludi della Louisiana?
Quei luoghi carichi di atmosfera che fanno pensare alla magia nera e sono pieni di coccodrilli?

Ebbene, la vicenda narrata in questo film si svolge proprio lì, in un posto che sembra scucito dalla realtà e sospeso nel tempo.

Un luogo definito dal detective Carter “un bidone dell’immondizia senza coperchio”.
Tremendamente affascinante e altrettanto pericoloso.

E questi due aggettivi descrivono alla perfezione la vita di Jesse. Da una parte la routine quotidiana fatta di azioni criminali e dall’altra la necessità di cambiare.

L’arresto, la paternità e la volontà quasi obbligata di dare un taglio netto alla vita precedente per garantire un futuro alla propria famiglia.

E non é tutto. Ad alimentare il fascino del progetto c’è il personaggio di Carter.

Uno sbirro d’altri tempi, un duro, un poliziotto che vive il suo lavoro come una missione, un vero e proprio scopo, qualcosa che impegna la sua giornata in ogni secondo.

Un tutore dell’ordine ma anche un uomo capace di difendere, con mezzi non sempre legali, la sicurezza del suo prezioso testimone.
E di aiutarlo nella sua vendetta.

Uno sfondo di tutto rispetto, si diceva.
Una bella storia impreziosita dalle ottime interpretazioni di Willem Dafoe e Matt Dillon.

Ma purtroppo, in primo piano..

..arriva il difetto più grosso. Il vero e proprio punto dolente che caratterizza questo film.

La regia dello sfortunato Brinker (morto appena dopo aver terminato le riprese di questo suo primo film) appare troppo televisiva.

Soprattutto nella messa in scena, nella fotografia e in alcuni dialoghi sembra di assistere a uno di quei telefilm datati che vanno in onda sulle televisioni locali in seconda serata.

Ed é un vero peccato viste le premesse e il ritmo che la pellicola riesce a tenere dall’inizio alla fine. Non manca comunque una bella scena di una sparatoria.

Un film dunque fortemente voluto dal regista, sincero nelle intenzioni e con attori che recitano con convinzione.
Ma dannatamente incompiuto.


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