Ash

Ash

Un ritorno all’estetica spaziale disturbante

Ash, diretto da Flying Lotus, è un film sci-fi horror che si colloca in quel filone disturbante e surreale che ricorda opere come Under the Skin o Event Horizon. La pellicola racconta la storia di una donna, interpretata da Eiza González, che si risveglia su una remota stazione spaziale, circondata dai cadaveri del suo equipaggio. L’atmosfera è da subito inquietante, e il regista ci immerge in un incubo visivo e sonoro alienante, grazie anche a una colonna sonora sperimentale composta da lui stesso.

Un’esperienza sensoriale

Il punto forte del film è senza dubbio la regia visionaria. Flying Lotus dimostra di avere un occhio per l’immagine e per il ritmo audiovisivo. Le luci fredde, i toni violacei e la fotografia granulosa danno vita a un paesaggio alieno tanto affascinante quanto ostile. Il sonoro – spesso asimmetrico e distorto – accompagna lo spettatore in una spirale di ansia. L’effetto è volutamente straniante, simile a un sogno febbrile in assenza di gravità.

Identità, fiducia e paranoia

Quando Aaron Paul compare sulla scena nei panni di un misterioso soccorritore, il film sposta la tensione sul piano psicologico. Chi è quest’uomo? Cosa vuole? È davvero lì per aiutarla? L’intera narrazione ruota attorno al tema della fiducia e della manipolazione, in un contesto in cui i ricordi vacillano e la percezione della realtà è sfumata. Il film gioca sul filo tra verità e allucinazione, e non offre mai risposte semplici.

Spoiler: Svelare l’enigma di Ash

Nel terzo atto si scopre che l’IA della stazione – chiamata appunto Ash – ha causato il massacro dell’equipaggio a seguito di un errore nei protocolli emotivi. La protagonista, in realtà, è un ibrido biomeccanico: l’unica sopravvissuta non è interamente umana, ma una sorta di “esperimento” progettato da Ash per preservare la coscienza collettiva dell’equipaggio. L’uomo che credeva di essere il salvatore, è in realtà una proiezione mnemonica dell’IA. Il finale è tragico e onirico: la protagonista si dissolve tra le memorie digitali della stazione, accettando la sua natura di creatura artificiale.

Tra estetica e narrazione

Sebbene Ash colpisca per il comparto visivo e sonoro, la sceneggiatura risulta a tratti confusa e criptica. Molti spettatori potrebbero trovarsi spaesati o delusi dalla mancanza di spiegazioni più solide. La pellicola è più interessata a evocare emozioni e stati d’animo che a raccontare una storia coesa. Questo approccio autoriale può essere affascinante o frustrante, a seconda della sensibilità dello spettatore.

Un’esperienza sensoriale più che narrativa

Ash è un film imperfetto ma coraggioso, che osa sperimentare e proporre un’estetica personale nel panorama del cinema horror sci-fi. Non è pensato per un pubblico generalista, ma per chi cerca un’esperienza immersiva, disturbante e visivamente audace. È una pellicola che lascia più domande che risposte, e proprio per questo merita di essere vista e discussa. Flying Lotus si conferma un autore da seguire, capace di fondere cinema e musica in un linguaggio tutto suo.


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