C’era una Volta in America
di Sergio Leone (1984)
Un gruppo di gangster e la loro carriera all’interno della malavita organizzata nel corso di più di quarant’anni di vita, tra vicissitudini personali e professionali.
“𝘕𝘰𝘰𝘥𝘭𝘦𝘴, 𝘤𝘰𝘴𝘢 𝘩𝘢𝘪 𝘧𝘢𝘵𝘵𝘰 𝘪𝘯 𝘵𝘶𝘵𝘵𝘪 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘪 𝘢𝘯𝘯𝘪 ?”
“𝘚𝘰𝘯𝘰 𝘢𝘯𝘥𝘢𝘵𝘰 𝘢 𝘭𝘦𝘵𝘵𝘰 𝘱𝘳𝘦𝘴𝘵𝘰.”
(𝐅𝐚𝐭 𝐌𝐨𝐞 & 𝐍𝐨𝐨𝐝𝐥𝐞𝐬)
Gli occhi di Noodles.
Lo sguardo di Noodles é sempre percorso da un velo di tristezza, una specie di sofferenza continua dalla quale non si guarisce, qualcosa che si cristallizza con il passare degli anni. E che gli resta addosso.
I suoi occhi scandiscono il tempo al ritmo costante di un battito di ciglia fino a farlo diventare un elemento vivo, un compagno di cui quasi si sente la presenza fisica.
Da piccolo delinquente a gangster affermato, dal fango alla gloria, fino alla più totale solitudine.
Dai quartieri bassi di Manhattan fino agli ambienti alti di una New York che passa indenne attraverso l’epoca del proibizionismo.
E quegli occhi stanno sempre lì, invecchiano uguali in ogni piccola sfumatura, a sottolineare ogni azione buona e ogni condotta spregevole nel cammino della vita di un uomo che non riesce a stare al passo con il presente.
Un uomo che vede, pian piano, tutto quanto franargli addosso.
Gli occhi di Noodles sono la gioia, il dolore, le conquiste e le sconfitte, sono luce e tenebre, sono verità e menzogna.
Sono l’uomo e le sue contraddizioni.
Sono il Cinema.
Quando la recitazione diventa incarnazione di un personaggio e il cinema diventa arte c’è poco da stare a discutere.
Per C’era una Volta in America, si può prendere un vocabolario e ricercare tutti i sinonimi del termine capolavoro, per riempire pagine e pagine di elogi e glorificazioni.
Oppure, più semplicemente, possiamo toglierci il cappello, fare un inchino, baciare le mani e dire:
GRAZIE Sergio Leone.
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