Gangs of New York

Gangs of New York
di Martin Scorsese (2002)

Due bande criminali si contendono il territorio nel quartiere dei 𝘍𝘪𝘷𝘦 𝘗𝘰𝘪𝘯𝘵𝘴 a 𝐍𝐞𝐰 𝐘𝐨𝐫𝐤 nel corso del XIX secolo.

Dietro alla motivazioni della guerra si nasconde anche un forte e personale desidero di vendetta da parte di un giovane irlandese che vuole onorare la morte del padre.

“𝘘𝘶𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘶𝘤𝘤𝘪𝘥𝘪 𝘶𝘯 𝘳𝘦, 𝘯𝘰𝘯 𝘭𝘰 𝘱𝘶𝘨𝘯𝘢𝘭𝘪 𝘪𝘯 𝘶𝘯 𝘷𝘪𝘤𝘰𝘭𝘰.
𝘓𝘰 𝘶𝘤𝘤𝘪𝘥𝘪 𝘥𝘰𝘷𝘦 𝘵𝘶𝘵𝘵𝘢 𝘭𝘢 𝘤𝘰𝘳𝘵𝘦 𝘱𝘶𝘰’ 𝘷𝘦𝘥𝘦𝘳𝘭𝘰 𝘮𝘰𝘳𝘪𝘳𝘦.”
(𝐀𝐦𝐬𝐭𝐞𝐫𝐝𝐚𝐦 𝐕𝐚𝐥𝐥𝐨𝐧)

𝐋𝐎 𝐒𝐊𝐘𝐋𝐈𝐍𝐄 𝐃𝐈 𝐍𝐄𝐖 𝐘𝐎𝐑𝐊.

É il profilo della città che ci viene mostrato nel finale del film, formato dagli edifici e dai loro punti più alti.

É il simbolo della modernità, é un’immagine ben scolpita nell’immaginario collettivo.

Oggi si erge trionfale all’orizzonte, cancellando dalla storia le tracce di quelle lapidi che ieri stavano in primo piano, con sopra scolpiti i nomi che contribuirono a costruirlo.

Ma, nonostante questo, la loro eredità é rimasta, pulsante e viva, e costituisce l’essenza stessa del sogno americano.

CONSIDERAZIONI.

𝐒𝐜𝐨𝐫𝐬𝐞𝐬𝐞 porta su schermo il suo progetto più ambizioso: un’idea nata nei primi anni Settanta insieme al produttore 𝐉𝐚𝐲 𝐂𝐨𝐜𝐤𝐬 a partire dal saggio “𝐓𝐡𝐞 𝐠𝐚𝐧𝐠𝐬 𝐨𝐟 𝐍𝐞𝐰 𝐘𝐨𝐫𝐤: 𝐚𝐧 𝐢𝐧𝐟𝐨𝐫𝐦𝐚𝐥 𝐡𝐢𝐬𝐭𝐨𝐫𝐲 𝐨𝐟 𝐭𝐡𝐞 𝐮𝐧𝐝𝐞𝐫𝐰𝐨𝐫𝐥𝐝” di 𝐇𝐞𝐫𝐛𝐞𝐫𝐭 𝐀𝐮𝐬𝐛𝐮𝐫𝐲.

Una storia di dolore, odio e violenza che ci mostra come le origini di questa grande città (e di tutta la nostra moderna democrazia) siano da ricercare “𝘯𝘦𝘭 𝘴𝘢𝘯𝘨𝘶𝘦 𝘦 𝘯𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘵𝘳𝘪𝘣𝘰𝘭𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦”.

E, in effetti, la ricostruzione storico-sociale-culturale dell’epoca é da brividi.

I protagonisti si muovono all’interno di un universo devastato dalla guerra civile americana, dal flusso di immigrazione e dalla lotta violenta fra bande.

Memorabili quanto cruente, a tal proposito, le scene di combattimento tra i 𝘕𝘢𝘵𝘪𝘷𝘪 e i 𝘊𝘰𝘯𝘪𝘨𝘭𝘪 𝘔𝘰𝘳𝘵𝘪 in cui giganteggia uno straordinario 𝐃𝐚𝐧𝐢𝐞𝐥 𝐃𝐚𝐲-𝐋𝐞𝐰𝐢𝐬 nel ruolo di 𝘞𝘪𝘭𝘭𝘪𝘢𝘮 𝘊𝘶𝘵𝘵𝘪𝘯𝘨 (detto 𝘪𝘭 𝘔𝘢𝘤𝘦𝘭𝘭𝘢𝘪𝘰).

Il leader dei 𝘕𝘢𝘵𝘪𝘷𝘪, una vera e propria incarnazione dei costruttori di quella che diventerà la famosa “Land of dreams”.

Ma la carne al fuoco é davvero tanta.
Forse troppa, anche per un regista talentuoso e dotato come 𝐒𝐜𝐨𝐫𝐬𝐞𝐬𝐞.

E allora alcune cose finiscono per non convincere pienamente.

A partire dall’utilità o meno di inserire la parentesi amorosa, in realtà piuttosto scialba e banale, tra 𝘈𝘮𝘴𝘵𝘦𝘳𝘥𝘢𝘮 𝘝𝘢𝘭𝘭𝘰𝘯 (un sempre valido 𝐃𝐢 𝐂𝐚𝐩𝐫𝐢𝐨) e 𝘑𝘦𝘯𝘯𝘺 𝘌𝘷𝘦𝘳𝘥𝘦𝘢𝘯𝘦 (una non troppo convincente 𝐂𝐚𝐦𝐞𝐫𝐨𝐧 𝐃𝐢𝐚𝐳).

Una scelta questa che si fatica a comprendere e che sembra più che altro dettata dalla volontà di cercare di attrarre più pubblico.

Anche la narrazione e il susseguirsi degli eventi non procede in maniera così fluida, come normalmente avviene in altri film del Maestro.

Forse, in generale, il peso delle ambizioni era un po’ troppo grande da sostenere, in questo caso.

Resta comunque una pellicola da visionare perché contiene, al suo interno, momenti di grande cinema.

Clicca quì per vedere il nostro Trailer HDE


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