Gangster Story

Gangster Story

Gangster Story
di Arthur Penn (1967)

Qui si narrano le imprese della coppia di criminali più famosa della storia, Bonnie Parker e Clyde Barrow, attivi nei primi anni Trenta negli Stati Uniti centro meridionali.

Attraverso rapine e omicidi, fughe e inseguimenti, fino al tragico ma inevitabile epilogo.

“Con me non avrai un minuto di pace!”
“É una promessa?”
(Bonnie Parker rivolta a Clyde Barrow)

“Un giorno cadranno insieme;
E li seppelliranno fianco a fianco;
Per pochi sarà un dolore
Per la legge un sollievo
Ma é la morte per Bonnie e Clyde”
(Bonnie Parker – 1934)

Un finale epico.

Mi perdonerete, spero, se parto dal finale.
Tanto lo spoiler non esiste, in questo caso.

Quello che esiste é un film fondamentale nella sua importanza, messo lì a fare da spartiacque, insieme a “Il Laureato” di Nichols, tra quello che c’era prima e la cosiddetta “new Hollywood”.

Una pellicola che prende ispirazione e linfa vitale dalla nouvelle vague francese e dagli “spaghetti western” nostrani (non a caso la regia venne proposta a Truffaut, come prima scelta).

Un cinema nuovo, diverso, che andava contro la tendenza imperante, contro la spettacolarizzazione e le grandi produzioni, contro lo star system.

Ed ecco allora nascere produzioni indipendenti e un controllo totale da parte dei registi/autori sui film, come già succedeva in Europa.

Niente più stelle irraggiungibili rappresentate sullo schermo ma uomini e donne comuni, con i loro problemi e le loro inquietudini, in cui lo spettatore poteva immedesimarsi.

Ma veniamo alla scena finale.

Memorabile, epica. Ottanta inquadrature in circa tre minuti, girate in due ciak con quattro cineprese e poi montate magistralmente da Jerry Greenberg.

Un montaggio rivoluzionario, che stordisce e non lascia tregua mentre assistiamo a quello che é un vero e proprio balletto di morte.

Una pioggia di proiettili che conclude tragicamente l’esistenza terrena di Bonnie e Clyde, i cui corpi si accasciano e rigirano agonizzanti a terra.

Alla fine, quel che resta é il silenzio, quasi irreale, con la telecamera che indugia, per qualche istante, non sui cadaveri ma sui vivi.

E resta tutto immobile, per un momento, senza nessuna musica ad accompagnare le immagini, solo un’atmosfera funebre prima della fatidica scritta THE END.

Penn voleva una conclusione indimenticabile per il suo film, qualcosa di unico e mai visto prima.

Quel che ha ottenuto é uno dei finali più belli della storia del cinema.

Gangster Story un’opera significativa nel genere dei film gangster.


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