Metropolis – 1927
Metropolis (1927): l’utopia meccanica e l’anima dell’uomo
Nel 1927, in piena epoca del cinema muto, il regista tedesco Fritz Lang porta sullo schermo un’opera che avrebbe cambiato per sempre il linguaggio visivo e simbolico della fantascienza: Metropolis.
Più che un film, Metropolis è una visione. Un sogno d’acciaio e fumo, in cui la modernità diventa un incubo meccanico e l’essere umano lotta per non dissolversi nell’ingranaggio del progresso.
Trama
Nel futuro, la città di Metropolis è divisa in due mondi: in superficie vivono i ricchi, in un paradiso di torri scintillanti e giardini sospesi; nel sottosuolo, invece, i lavoratori faticano incessantemente per alimentare le macchine che tengono in vita la città.
Il giovane Freder, figlio del potente industriale Joh Fredersen, scopre per caso le condizioni disumane dei lavoratori e si innamora di Maria, una donna carismatica che predica pace e uguaglianza tra le due classi.
Quando lo scienziato Rotwang costruisce un automa dalle sembianze di Maria per seminare caos e distruzione, la città precipita nel disastro. Solo attraverso la compassione e la comprensione reciproca, Freder riuscirà a riconciliare il cervello (i dirigenti) e le mani (gli operai), diventando il cuore che unisce i due mondi.
Una città tra sogno e incubo
Metropolis è una visione architettonica di straordinaria potenza. Lang costruisce un mondo verticale, ispirato al modernismo, al Bauhaus e alle metropoli americane come New York. I palazzi si innalzano verso il cielo come templi del progresso, mentre nel sottosuolo le macchine respirano e pulsano come divinità meccaniche.
Ogni elemento della scenografia, curata da Otto Hunte, Erich Kettelhut e Karl Vollbrecht, è pensato come simbolo: la città non è solo un luogo fisico, ma una rappresentazione dell’anima moderna, divisa tra spiritualità e tecnologia, potere e schiavitù.
Le immagini dei lavoratori che marciano in fila, simili a automi, e la macchina che si trasforma nel dio Moloch restano tra le più iconiche della storia del cinema.
La nascita della fantascienza cinematografica
Con Metropolis, Lang pone le basi di tutto il cinema di fantascienza moderno.
Da Blade Runner a Brazil, da Star Wars a Matrix, l’eredità visiva e tematica del film è evidente. L’idea della metropoli-fabbrica, dell’uomo dominato dalla macchina, della ribellione delle masse e del doppio meccanico (l’automa Maria) diventeranno archetipi ricorrenti.
Lang, insieme alla sceneggiatrice Thea von Harbou, non descrive solo una società futura: mette in scena le paure del presente della Germania di Weimar, alle soglie della crisi economica e del totalitarismo. Il film diventa così un’allegoria profetica della disumanizzazione e dell’autoritarismo tecnologico.
Tecnica e innovazione
Girato con un budget immenso per l’epoca, Metropolis è un trionfo tecnico.
Le miniature, le proiezioni multiple, le complesse coreografie di massa e gli effetti ottici innovativi resero il film una meraviglia visiva. Lang riuscì a creare una città viva, un organismo pulsante che domina i suoi abitanti.
La colonna sonora originale, composta da Gottfried Huppertz, accompagnava le immagini con un’intensità quasi sinfonica, trasformando il film in un’esperienza sensoriale totale, a metà tra il mito e l’opera musicale.
Censura, perdita e rinascita
All’uscita nel 1927, Metropolis fu accolto in modo contrastante: alcuni lo considerarono un capolavoro visionario, altri un’opera eccessiva e confusa. A causa della sua durata (oltre due ore e mezza), il film fu pesantemente tagliato e molte scene andarono perdute.
Solo nel 2010, dopo il ritrovamento di una copia quasi integrale in Argentina, Metropolis è stato restaurato nella sua versione completa, restituendo al pubblico l’opera così come Lang l’aveva concepita.
Oggi il film è riconosciuto come un caposaldo assoluto della storia del cinema, iscritto nel patrimonio dell’UNESCO come “Memoria del mondo”.
Un messaggio ancora attuale
Nonostante sia un film di quasi un secolo fa, Metropolis conserva una forza impressionante. La sua riflessione sul rapporto tra uomo e macchina, sul potere e sull’alienazione, è più attuale che mai.
Lang ci avverte che il progresso, se non guidato dall’empatia e dall’etica, può trasformarsi in schiavitù.
“Il mediatore tra la testa e le mani dev’essere il cuore”: la celebre frase finale del film riassume il suo messaggio eterno. Solo la compassione può unire il pensiero e l’azione, la mente e la materia, il padrone e l’operaio.
Conclusione
Metropolis è un monumento cinematografico, un sogno architettonico scolpito nella luce e nell’ombra.
Fritz Lang ha creato un universo che ancora oggi parla alle nostre paure più profonde: la perdita dell’umanità di fronte al potere della tecnologia.
Ogni fotogramma di Metropolis è una scultura in movimento, un inno alla visione e alla memoria.
Non solo il primo grande film di fantascienza, ma anche – e soprattutto – un poema sull’anima dell’uomo moderno, sospesa tra ingranaggi e redenzione.
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