The Irishman

The Irishman

di Martin Scorsese (2019)

Frank Sheeran, veterano di guerra e camionista, diventa un sicario per la malavita di Filadelfia.

Viene incaricato di uccidere il popolare sindacalistica Jimmy Hoffa.

𝐂𝐢𝐭𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞.

“𝘘𝘶𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘦𝘳𝘰 𝘨𝘪𝘰𝘷𝘢𝘯𝘦 𝘱𝘦𝘯𝘴𝘢𝘷𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘨𝘭𝘪 𝘪𝘮𝘣𝘪𝘢𝘯𝘤𝘩𝘪𝘯𝘪 𝘪𝘮𝘣𝘪𝘢𝘯𝘤𝘢𝘴𝘴𝘦𝘳𝘰 𝘭𝘦 𝘤𝘢𝘴𝘦. 𝘊𝘩𝘦 𝘯𝘦 𝘴𝘢𝘱𝘦𝘷𝘰 𝘪𝘰?

𝘌𝘳𝘰 𝘴𝘰𝘭𝘰 𝘶𝘯 𝘭𝘢𝘷𝘰𝘳𝘢𝘵𝘰𝘳𝘦, 𝘶𝘯 𝘵𝘦𝘴𝘴𝘦𝘳𝘢𝘵𝘰 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘴𝘦𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 107 𝘥𝘦𝘭 𝘴𝘪𝘯𝘥𝘢𝘤𝘢𝘵𝘰 𝘢𝘶𝘵𝘰𝘵𝘳𝘢𝘴𝘱𝘰𝘳𝘵𝘢𝘵𝘰𝘳𝘪 𝘛𝘦𝘢𝘮𝘴𝘵𝘦𝘳𝘴 𝘥𝘪 𝘗𝘩𝘪𝘭𝘢𝘥𝘦𝘭𝘱𝘩𝘪𝘢,

𝘶𝘯𝘰 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘦 𝘮𝘪𝘨𝘭𝘪𝘢𝘪𝘢 𝘥𝘪 𝘭𝘢𝘷𝘰𝘳𝘢𝘵𝘰𝘳𝘪.

𝘌 𝘢 𝘶𝘯 𝘵𝘳𝘢𝘵𝘵𝘰 𝘯𝘰𝘯 𝘭𝘰 𝘧𝘶𝘪 𝘱𝘪𝘶’.

𝘊𝘪𝘰𝘦’, 𝘤𝘰𝘮𝘪𝘯𝘤𝘪𝘢𝘪 𝘢𝘥 𝘪𝘮𝘣𝘪𝘢𝘯𝘤𝘢𝘳𝘦 𝘤𝘢𝘴𝘦 𝘱𝘶𝘳𝘦 𝘪𝘰”.

(𝐅𝐫𝐚𝐧𝐤 𝐒𝐡𝐞𝐞𝐫𝐚𝐧)


𝐋a solitudine dell’imbianchino.

C’è modo e modo di imbiancare una casa.

E ci sono case diverse e obiettivi diversi.

Ma una cosa é certa: se ti chiami Frank Sheeran e il tuo datore di lavoro é Angelo Bruno o Russel Bufalino, il tuo “imbiancare” significa imbrattare di sangue le pareti delle case dove uccidi le vittime designate.

E non ti chiedi neanche perché lo fai, semplicemente perché, come dice Russel 𝘐𝘵 𝘪𝘴 𝘸𝘩𝘢𝘵 𝘪𝘵 𝘪𝘴 / 𝘦’ 𝘲𝘶𝘦𝘭𝘭𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘦’, certe cose vanno fatte e basta.

Te ne rendi conto soprattutto adesso che sei vecchio e solo, con una figlia che, a causa della tua condotta, non ti parla e non vuole più avere rapporti con te.

E una moglie che é passata a miglior vita.

Ora é più facile guardarsi indietro e ripensare a tutte quelle regole che hai seguito ciecamente, a tutte quelle situazioni che ti hanno visto sulla scena come mero esecutore.

E non ti culli nell’illusione che la conclusione sarebbe potuta essere diversa.

In fondo, non c’è mai stata scelta per te.

Adesso lo sai.

Adesso che non hai più nulla e non sei più nessuno.

𝐂𝐨nsiderazioni.

Scorsese termina la sua tetralogia sulla malavita.

Dopo “𝐌𝐞𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐫𝐞𝐞𝐭𝐬”, “𝐐𝐮𝐞𝐢 𝐛𝐫𝐚𝐯𝐢 𝐫𝐚𝐠𝐚𝐳𝐳𝐢” e “𝐂𝐚𝐬𝐢𝐧𝐨’”, ecco arrivare questa pellicola che può essere considerata come il gangster movie definitivo.

The Irishman é una sorta di summa cinematografica di un genere e insieme, molto probabilmente, il tramonto di un’epoca, la sua pietra tombale.

Non é un caso infatti che in questo film si respiri un costante odore di morte, una sorta di ombra che segue i personaggi durante le loro vicende.

A volte anche comparendo sotto forma di scritte sovra impresse alle immagini che fungono da necrologi.

E non é un caso che le ultime riprese si svolgano all’interno di un cimitero.

Abbiamo uomini piccoli che si credono giganti e che fanno tutto quello che devono fare (il che spesso significa tradire e uccidere), per rispettare e far rispettare regole d’onore sempre più anacronistiche.

Non c’è romanticismo, non c’è nulla da capire, c’è solo spazio, sul finale, per l’accettazione di un destino universale che non risparmia nessuno, dall’alba dei tempi.

Destino che il personaggio di Frank cerca di affrontare usando piccole accortezze nel tentativo, invano, di renderlo meno definitivo.

Come quella porta lasciata socchiusa nella scena finale che é poesia pura firmata Scorsese.

Concludo facendo notare che il regista, con la benedizione dei finanziatori del film, ha optato per la scelta di far ringiovanire digitalmente tre attori quasi ottantenni, invece di ingaggiarne altri più giovani, ammortizzando così i costi.

Ha giustificato questa scelta dicendo:

“desideravo fare un film con i miei amici”.

The Irishman é una pellicola che é quasi un testamento:  lucido, spietato, minimale nella messa in scena ma, nonostante ciò, di gran classe.

Assolutamente da vedere.

A futura memoria.

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