Yang Xinhai: il mostro della Cina rurale

Yang Xinhai: il Mostro della Cina Rurale

Yang Xinhai: il mostro della Cina rurale

Tra i serial killer più spietati della storia contemporanea figura Yang Xinhai, responsabile di una scia di sangue che sconvolse la Cina a cavallo tra gli anni ’90 e i primi anni 2000. Conosciuto anche come il mostro della Cina centrale, è ricordato come il più prolifico assassino seriale del Paese.

Le origini

Yang Xinhai nacque nel 1968 nella provincia di Henan, in una famiglia povera di contadini. Quarto di cinque figli, ebbe un’infanzia difficile, segnata dalla miseria e dalla mancanza di prospettive. Nonostante avesse buone capacità intellettuali, abbandonò la scuola durante l’adolescenza e iniziò a spostarsi tra le province in cerca di lavori saltuari.

Fin da giovane mostrò un carattere instabile e incline alla violenza. Fu arrestato più volte per furto e aggressioni, e trascorse periodi in carcere che non fecero altro che acuire la sua rabbia verso la società.

L’inizio degli omicidi

A partire dal 1999, Yang intraprese una serie di omicidi che avrebbero reso il suo nome sinonimo di terrore. Armato di martelli, pale o asce, si introduceva di notte nelle case isolate delle campagne cinesi. Colpiva famiglie intere, massacrando uomini, donne e bambini senza pietà.

Il suo metodo era sempre lo stesso: scegliere abitazioni remote, sorprendere le vittime addormentate e ucciderle con estrema brutalità. Dopo gli omicidi, talvolta violentava le donne, anche post-mortem.

La scia di sangue

Tra il 1999 e il 2003, Yang Xinhai uccise 67 persone e ne ferì almeno 23 in quattro diverse province (Henan, Anhui, Shandong e Hebei). Le vittime non avevano un profilo preciso: famiglie intere, contadini, anziani e bambini.

Ciò che rendeva i suoi delitti ancora più terrificanti era la totale mancanza di movente apparente. Non agiva per denaro né per vendetta: i suoi crimini erano il risultato di un odio cieco e di un impulso omicida incontrollabile. Durante gli interrogatori, dichiarò: “Uccidere le persone è come liberarsi di nemici. Non ho rimorsi.”

L’arresto e la confessione

Il 3 novembre 2003, Yang fu fermato dalla polizia nella città di Cangzhou (provincia di Hebei) durante un controllo di routine. Un confronto con il database nazionale delle impronte digitali rivelò la sua identità e i crimini a lui collegati.

Davanti agli inquirenti confessò con freddezza tutti gli omicidi, senza mostrare pentimento. La sua lucidità e l’assenza totale di empatia colpirono profondamente sia i giudici che l’opinione pubblica.

La condanna e l’esecuzione

Il processo si concluse rapidamente. Nel febbraio 2004, Yang Xinhai fu condannato a morte per i suoi crimini. La sentenza fu eseguita pochi giorni dopo, il 14 febbraio 2004, tramite fucilazione.

L’eredità del terrore

La vicenda di Yang Xinhai rimane una delle più raccapriccianti nella storia criminale della Cina. La sua figura ha alimentato paure profonde, soprattutto nelle aree rurali, dove le comunità isolate si sentirono per anni vulnerabili e abbandonate.

Oggi, Yang è ricordato come un simbolo del male assoluto: un uomo nato in condizioni di miseria, incapace di trovare un posto nella società e che trasformò la sua frustrazione in una catena di omicidi indiscriminati.

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