Il Serial Killer delle Escort

Proprio così, è notizia di questi giorni che un serial killer delle escort si aggiri per le strade di Roma.
Ha già ucciso 3 donne

Il serial killer delle escort di Prati ha un volto. È impresso nei frame delle telecamere installate nelle case di appuntamenti delle tre vittime. Le sue parole, il nome probabilmente falso con cui ha prenotato le ore di sesso a pagamento, sono in una chat d’incontri e sui telefoni. Il Dna l’ha lasciato su un citofono, mobili, letti, sui corpi delle tre donne accoltellate. Tutte tracce che passo dopo passo stanno portando gli investigatori al suo arresto. Tanto che un poliziotto dice: “Abbiamo tanto materiale, speriamo di chiudere presto il caso”.

La chat d’incontri

L’assassino contatta le suevittime in una chat di un portale d’incontri. È qui che prende l’appuntamento per la mattina di giovedì con Martha Castano Torres. È lei la prima vittima, viene uccisa a 65 anni tra le 8,40 e le 10 di giovedì. A stabirlo è stato il medico legale che ha incrociato le sue valutazioni con le informazioni della polizia. Martha non era una prostituta, poi il bisogno di guadagnare di più per crescere la figlia oggi diciottenne, che abita in Colombia, l’ha spinta a trovare un compromesso con se stessa. E così ha aperto la porta all’uomo che l’ha sgozzata nella casa d’appuntamenti nel sottoscala di via Durazzo 38. Aveva pattuito un prezzo tra i 50 e i 70 euro. Il rapporto sessuale c’è stato, lui l’ha ammazzata sul letto.

Il Dna

Sul letto e sul corpo di Martha sono rimaste le tracce biologiche del killer che l’ha sgozzata. Reperti che sono già nelle mani di chi indaga. Come le impronte che l’uomo ha lasciato su mobili, porte e anche sulla pulsantiera del citofono. Un’altra prova sequestrata dalla Mobile.

Le telecamere

Nessuna impronta, invece, sulla griglia dei citofoni di via Augusto Riboty 28. È il palazzo a 850 metri di distanza dal primo. Stesso quartiere ma strada più elegante. Al primo piano del condominio anni Cinquanta c’è l’appartamento dove ricevevano i clienti e dove sono state accoltellate due donne cinesi dell’età apparente di 25 e 45 anni. Anche loro prostitute, anche loro contattate sui telefoni attraverso un portale d’incontri. Nella casa, affittata sette anni fa, c’è una telecamera nascosta dietro un vaso e perfettamente funzionante. È quella che ha ripreso il killer in volto. Immagini che adesso vengono confrontate con quelle riprese anche nella garçonnière di Martha. Perché anche lei aveva installato una telecamera per difendersi dai clienti violenti.

L’arma

Le due donne cinesi sono vittime senza nome. Non ci sono documenti in quella casa di fronte al palazzo di giustizia. Oggi l’autopsia sulle tre prostitute potrebbe sciogliere ogni dubbio sull’identità e rivelare anche il numero dei fendenti. Il coltello utilizzato, e mai trovato, ha una lama lunga e molto appuntita. È il pugnale che ha attraversato, in via Riboty, anche i corpi delle donne cinesi. Prima la gola della 25enne che era nel letto col killer. E subito dopo il corpo dell’amica arrivata per difenderla e salvarla da quell’uomo senza pietà. C’è stata una colluttazione prima degli altri fendenti mortali. La prova è l’appartamento trovato sottosopra intorno alle 11, dopo l’allarme lanciato dal portiere dello stabile.

Il sangue

La più giovane delle due cinesi senza nome non è morta dentro la casa. Si è trascinata dopo la prima coltellata alla gola fino al pianerottolo, in cerca di salvezza. Ha tentato di raggiungere l’ascensore. L’assassino l’ha sopresa alle spalle e le ha inferto l’ultima coltellata, al fianco sinistro. È sul muro e sul marmo color ruggine che restano tracce di sangue. Non è escluso che quelle macchie siano anche dell’assassino, forse rimasto ferito quando è stato affrontato dalla vittima più grande.

I telefoni

Nella sua fuga, per paura che quel corpo sul pianerottolo richiamasse l’attenzione dei vicini impegnati in un trasloco, l’assassino ha commesso uno dei suoi tanti errori. Non ha portato con sé i telefoni cellulari delle vittime. Aveva sbagliato anche due ore prima, lasciando in casa anche quello di Martha Torres. Lì dentro ci sono le sue parole scritte alle prostitute. E non sono quelle che probabilmente lo incastreranno ma l’indirizzo Ip del cellulare o del tablet dal quale ha dato il via al suo piano di morte. Dentro ai tre cellulari all’esame degli esperti ci sono gli elenchi dei clienti e i nomi di chi conosceva quelle donne martoriate.

I testimoni

Tutti quei nomi sono testimoni chiamati a raccontare cosa conoscono della vita delle vittime. Alla questura di Roma è una sfilata di almeno cinquanta persone, che inizia con la sorella di Martha e continua con il portiere Davide di via di Riboty, i proprietari delle case affittate, cinesi accompagnati dalla polizia, e poi una ragazza cubana che dice davanti alla questura, prima di essere ascoltata: “Sono uscita con un uomo che potrebbe essere l’assassino”.


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