Lucky Luciano

Lucky Luciano
di Francesco Rosi (1973)

Gli ultimi anni di vita di Salvatore Lucania, detto Lucky Luciano, capo indiscusso della malavita italoamericana a New York.

“La mafia non fa distinzione tra i partiti. Quelli non hanno partito. Stanno sempre con chi ha il potere. Ai tempi di Truman stavano con Truman e la guerra gliela faceva Dewey.
Adesso é Dewey che comanda e la guerra gliela fa chi é povero.”

“E noi dove stiamo?”

“Stiamo in mezzo. E, se non stiamo attenti, le piglieremo da tutte e due le parti.”

CONSIDERAZIONI.

Al regista Francesco Rosi non interessava fare un film che raccontasse la biografia di Luciano.
Per sua stessa ammissione, la figura del famoso “boss” doveva solo essere il pretesto per una generale riflessione sul potere.

A tal proposito non stupisce il fatto che, a differenza di quanto si possa pensare, il fulcro del progetto non sia rappresentato da sparatorie o regolamenti di conti ma bensì dai dialoghi.

L’unica eccezione, in tal senso, si ha in apertura di film, nella rappresentazione di quella che é passata alla storia come la notte dei Vespri siciliani.

La notte in cui, di fatto, Luciano fece eliminare una quarantina di avversari e si prese tutto il potere.

Avvenimento descritto, nella pellicola, secondo quelli che sono gli stilemi classici del cinema di genere: scene che mostrano “gangster che fanno cose da gangster”, come direbbe Jules Winnfield in “Pulp Fiction”.

Rosi esibisce una lunga carrellata di “morti ammazzati”, colpi di pistola e agguati che si susseguono al rallentatore, secondo una scelta stilistica che si rivela decisamente efficace.

Il resto, come detto, é fatto di sguardi e parole, senza nessuna concessione alla spettacolarità,
per evitare ogni possibile esaltazione del personaggio.

Ciò che conta é il contesto sociale, il quadro politico di riferimento e, più in generale, lo stato di salute di un Paese appena uscito dalla guerra.

In questa situazione, Luciano, appena espulso dagli Stati Uniti, riuscirà a creare un immenso impero della droga e a sfuggire costantemente alla giustizia.

Grazie a una vasta rete di conoscenze e protezione, nessuno riuscirà mai a raccogliere prove a sufficienza per incriminarlo e solo la morte, sopraggiunta dopo un infarto, fermerà la sua attività malavitosa.

Un film di inchiesta, dunque, in certi punti al limite del documentario, molto distante concettualmente da un certo tipo di “romanticismo” a cui ci aveva abituato Coppola nel “Padrino”.

Gian Maria Volonté é davvero notevole nella parte del protagonista : un uomo abile, che nasconde la sua vera essenza dietro a un’apparenza mite e tranquilla.

Un uomo che, di fatto, ha manovrato a suo piacimento i governi più potenti e creato una rete mafiosa mondiale.

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