Reazione a Catena

Reazione a Catena (Mario Bava,1971)

Questo giallo prende il via con l’omicidio della contessa Federica Donati che viene aggredita e strangolata nella sua bellissima villa sulla baia. L’assassino si rivela subito essere suo marito Filippo. Prima che possa godersi il suo bottino, viene ucciso pugnalato a morte da un aggressore sconosciuto.
Ne seguirà così una serie di omicidi sempre più cruenti e vari, una mattanza sanguinolenta che tingerà’ le acque della Baia di rosso sangue. Chi sarà il responsabile ? Qual’è la reale causa dietro queste morti?

Considerazioni

La prima immagine del film, che segue la sequenza dei titoli, è una rapida inquadratura in viaggio che segue una mosca mentre vola in aria prima di cadere morta e precipitare nella baia. Questa sequenza spiritosa, ma apparentemente insignificante, riassume perfettamente i due temi principali del film: l’inevitabilità e l’improvvisa morte, che la maggior parte dei personaggi è destinata a incontrare; e il fatto che l’uomo, nonostante tutte le sue pretese sulla civiltà, è poco più di un insetto ….particolarmente cattivo, per di più.

La narrazione contorta (basata su un racconto di Dardano Sacchetti, noto anche per le sue collaborazioni con Dario Argento, Lucio Fulci e Lamberto Bava), è disseminata di una serie di colpi di scena inaspettati. Forse il dettaglio più ispirato è il modo in cui il film diventa una sorta di versione moderna di MACBETH. Come l’opera di Shakespeare, il film di Bava parla di un marito volitivo spinto all’omicidio dal coniuge squilibrato e assetato di potere…Per concludere, questo è un film che non può mancare tra gli appassionati del thriller all’italiana e lo stesso genere slasher, sia per importanza che esso ricopre in ambito storico cinematografico, sia per ammirare una volta di più la maestria alla regia del grande Mario Bava.

Curiosità

Alla fine del film nella maggior parte delle copie i due bambini (la ragazzina è Nicoletta Elmi, futura torturatrice di lucertole in “Profondo rosso”) pronunciano la battuta “Come giocano bene a fare i morti”.
In realtà nella prima versione la battuta era profondamente diversa “Così imparano a fare i cattivi” e attraverso di essa Bava dava spazio all’intento derisorio su cui si fonda parte del film.

Gli effetti speciali furono del grande artista italiano degli effetti speciali Carlo Rambaldi.

Il figlio di Bava, Lamberto fu’ l’aiuto regista del film, e girò la sequenza della morte del personaggio di Claudio Volonté, Simone.

La pellicola è conosciuta con diversi titoli attraverso i quali è possibile mettere in luce alcuni aspetti molto interessanti del film.
Ecologia del delitto, infatti, può essere letto in una duplice chiave: da una parte c’è chi vi ha visto il meccanismo di difesa che la natura mette in atto ai danni dei suoi speculatori che vogliono distruggerla e che perciò faranno una brutta fine. Dall’altra qualcuno vi ha visto una sorta di enunciazione (ma non giustificazione!) della legge del più forte.
D’altronde legati all’ecologia e più precisamente all’entomologia sono i tanti riferimenti agli insetti sparsi per la pellicola, attraverso i quali sembra che Bava voglia quasi suggerire che gli uomini sono a loro volta come gli insetti.
Reazione a catena indica invece la moltiplicazione impazzita degli omicidi (che sono ben 13) che si scatena a partire dalla prima morte.

Nei dialoghi iniziali si cita (ma senza la spocchia tipica di chi fa film con intenti autoriali) lo “squonk” che fa parte del “Manuale di zoologia fantastica” del grande filosofo Borges.

Fonte:
Alberto Pezzotta “Mario Bava” Il Castoro.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *